Il Pisa Siamo Noi

Il Pisa Insegue il Suo Punto Infinito

Contropiede

Seguo il Pisa, per motivi professionali, da oltre 40 anni. Non cito il dato per parlare di me (e perché mai? Solo per rimpiangere la gioventù?) ma per dire che non ricordo una situazione così anomala e grottesca come quella attuale, con un presidente e un allenatore impegnati nella stessa causa e divisi su tutto, diffidenti l’uno dell’altro, costretti a sorridere a riflettori accesi e portati a guardarsi in cagnesco appena si spengono le luci.
E’ una verità priva di riscontri ufficiali, facilmente smentibile dai diretti interessati. Una verità di cui – lo confesso anticipatamente – non ho alcuna prova. Una sensazione, anzi una contezza avvertita appunto come una verità che posso scrivere perché priva di qualsiasi dolo e dunque non diffamante di nessuno.

Carlo Battini e Piero Braglia vivono questa contrapposizione da molte settimane, se non da mesi. Ma ognun per sè, chiusi nelle loro stanze incomunicabili, come in un film di Michelangelo Antonioni, dove solo lo sfondo realizza il contesto e la percezione è lasciata a un sussurro, una smorfia, un ammicco. Diversità di carattere, di cultura, formazioni di vita molto diverse (forse anche politiche, ma non è quello che conta) costringono i due personaggi a convivere sotto lo stesso tetto, a perseguire gli stessi obbiettivi, a dare tutto per gli
stessi risultati. Due rette parallele che secondo il teorema euclideo si incontrano in un punto chiamato “infinito” e che nel nostro caso dovrebbe essere la promozione del Pisa in serie B. Due parti recitate a soggetto, secondo un copione mai scritto e recitato a braccio, di volta in volta, nell’alternanza di una partita andata bene e un’altra male, un pareggio che lascia tutto invariato e una gara rinviata perla neve, la speranza nel prossimo turno e nello scivolone dell’avversario che ti sopravanza in classifica, il giocatore non utilizzato che diventa il migliore quando le cose non vanno bene, il nuovo acquisto vissuto come un regalo di Natale e lasciato sotto l’albero nel pacco ancora da scartare.

I due reggono il confronto, si sfrucugliano a distanza per interposto cronista, ma non affondano il colpo. Braglia è sulla difensiva, punta vincere sul campo per mettere la sordina a questo malessere avanzato e ha anche una carta di riserva, la penalità che Battini dovrebbe pagare per licenziarlo. Ma è una carta a tempo. Il presidente è deciso a non giocarla, vorrebbe non fosse necessario, ma davanti a sè ha due scenari inquietanti, vale a dire la mancata promozione e dunque la perdita di un investimento milionario e la contestazione dei tifosi.

Lui non è personaggio adatto a sfidare le folle e questo, oltretutto, nessuno glielo può chiedere. Ma soprattutto è uomo d’affari che deve far tornare i conti, contemperare il risultato sportivo con quello
finanziario, aspira a un successo che gli sta costando più di quanto avrebbe mai pensato. Da tempo non si domanda più se questo sforzo economico sia stato posto in buone mani.
Braglia gioca la sua partita nella partita, deve vincere, risalire la vetta della classifica alla svelta. Lui indica marzo quale mese della svolta, ma gli sarà dato tutto questo tempo dopo la faraonate dell’estate e gli ulteriori denari spesi a gennaio, le aspettative, i pronostici, le pressioni? Se Battini lo licenziasse, Braglia tirerebbe un sospiro di sollievo perché, porterebbe a casa un bel po’ di soldi e lascerebbe impregiudicato il suo lavoro e il risultato sportivo.

Altrimenti andrà dritto per la sua strada, tentando di ripetere in scala maggiore l’impresa che gli riuscì proprio a Pisa qualche anno fa, vincere il campionato e andarsene sdegnato. Il tecnico maremmano non è uomo da caroselli napoleonici e neppure da pullman rossi scoperti. Sogna un altro trionfale giorno San Ranieri, tenendosi lontano dalla ribalta e dal servile e ipocrita omaggio. La serie B sarebbe la panacea di tutti i mali, Battini e Braglia la devono perseguire obbligatoriamente, sono condannati a vincere e alla loro belligeranza non dichiarata deve provvedere il buon Pietro Tomei, che paga il prezzo della sua pisanità che gli ha fatto accettare un incarico così improbo e poco compensato, per parare le mitragliate del fuoco amico. C’è solo da sperare nella vecchia teoria kantiana dell’eterogenesi dei fini. Il Pisa vince e va in serie B, Battini non
paga e Braglia ci fa lo sberleffo. E’ il nostro “infinito”. Tutto il resto è assai peggio.

GIULIANO FONTANI

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