Il Pisa Siamo Noi

Il Piccolo Scrivano Ed Il Grande Campione : Tanti Auguri Mister !

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Quarant’anni.

C’è chi dice che sono tanti, c’è chi dice che sono pochi.

Comunque la si voglia vedere, è un traguardo senza dubbio importante.

Esiste una corrente di pensiero per la quale nella vita di un uomo ci sono tre paletti davvero significativi : gli -enti, gli -enta e gli -anta. Come se dopo i quarant’anni il tempo perdesse in qualche modo importanza.

E’ una teoria che personalmente mi convince poco, ma è sintomatica del fatto che con ogni probabilità a quarant’anni si è raggiunta una maturità per certi versi definitiva.

Ecco allora che tale traguardo deve essere menzionato, celebrato, impreziosito da tutta quella serie di eventi e di iniziative giocoforza legati ad una ricorrenza così importante.

A tutto ciò ovviamente si vanno ad aggiungere i miei più sinceri auguri.

Avrei davvero preferito farteli vis-a-vis, ma il calcio è specchio fedele della società moderna e della vita di tutti i giorni, dove sovente siamo allontanati per i più svariati motivi dalle persone che davvero contano qualcosa nella propria esistenza.

Pertanto dovrai in un certo qual modo accontentarti di queste poche righe.

Mi ritrovo spesso a pensare ai tuoi due anni trascorsi all’ombra della Torre Pendente.

Ancor più spesso mi ritrovo a rimuginare sugli equilibri, se così vogliamo chiamarli, che hanno in qualche modo regolato il nostro rapporto.

Da una parte il più umile degli scribacchini.

Dall’altra il campione d’Italia, il campione d’Europa, il campione del Mondo. Il campione di tutto.

Eppure in questi due anni questa abissale distanza è stata come per magia annullata, azzerata, resa scevra di qualsivoglia significato e di qualsivoglia sostanza.

Merito tuo, senza alcun dubbio.

E da parte mia la voglia di vedere oltre il personaggio da copertina, oltre il nome altisonante, oltre una storia quasi insostenibile nella sua grandezza e nella sua vastità.

All’inizio credevo di avere a che fare con il concetto matematico delle rette parallele che mai conoscono punto di incontro, se non all’infinito.

Ed invece ho dovuto constatare che un nodo di contatto c’è stato, perlomeno per quel che mi riguarda.

E per i tuoi quarant’anni voglio per così dire “regalarti” questo aneddoto personale, nella speranza che ai tuoi occhi non appaia di risibile valore.

Faccio oltretutto fatica a contestualizzare precisamente il momento, ricordo soltanto che era iniziata da poco la querelle fra Carlo Battini e Fabrizio Lucchesi, quell’antipatica situazione di empasse che di lì a qualche mese sarebbe poi sfociata in quel caos societario che tutti noi abbiamo dovuto nostro malgrado vivere durante la stagione sportiva appena trascorsa.

Ebbene, nel corso di una delle tante conferenze stampa della vigilia qualcuno ti chiese di commentare quello che stava succedendo dietro le scrivanie, domandandoti una tua personale previsione su quello che sarebbe stato il futuro più o meno prossimo del calcio pisano.

La tua risposta fu un qualcosa del tipo :

“A me interessano i ragazzi e quello che abbiamo costruito sul campo con il lavoro, allenamento dopo allenamento. Sapete del mio problema agli occhi, e non vi nego che quando sto al campo assieme a loro riesco a non pensarci, a non sentire la preoccupazione dentro di me. Ed è questa per me la cosa più importante”.

E di colpo queste tue parole mi fecero tornare indietro nel tempo di vent’anni, quando nella mia vita non funzionava praticamente niente.

Sia dal punto di vista professionale che da quello sentimentale.

Con i familiari più stretti colpiti da qualche problema di salute di troppo, senza voler entrare troppo nel merito.

Ebbene, in quel casino apparentemente senza soluzione di continuità, in quei mesi per certi versi impossibili da dimenticare anche negli anni a venire, c’era soltanto una cosa che in un modo o nell’altro riusciva a trascinarmi avanti nonostante tutto, in un modo misterioso ma quanto mai potente.

Il Pisa.

Nella testa del ragazzo di allora le gite domenicali nel ritiro estivo di Pieve Pelago, l’Arena Garibaldi la domenica pomeriggio, le trasferte con gli amici, beh, erano l’unico squarcio di normalità, di regolarità in un universo personale che sembrava andar sempre più in malora giorno dopo giorno.

Ecco allora il punto di incontro di cui parlavo in precedenza, capace di congiungere due universi lontani fra loro anni luce (almeno apparentemente).

Il Pisa come una sorta di antidoto ai dolori della vita.

Il Pisa che è lì, imperituro, impossibile da scalfire anche per l’incuria del tempo, che per certi versi ti contagia e quasi ti costringe ad andare avanti nonostante tutto il resto.

Inutile aggiungere che da quel momento in poi niente è più stato per me come era in precedenza, se così si può dire.

Tutto assumeva ai miei occhi una connotazione diversa rispetto a prima : le strette di mano durante le conferenze stampa della vigilia, i “cinque” che ci davamo negli stadi su e giù per l’Italia, l’abbraccio in piena notte dopo l’apoteosi di Foggia.

Il resto ? E’ storia recente. I casi del calcio hanno fatto sì che tutto tornasse a ricalcare l’ordine naturale delle cose : tu nuovamente in quello che la storia dice essere il tuo habitat naturale, io sempre al seguito dei colori neroazzurri.

Ma tutto ciò non mi ha di certo impedito di ricordare il tuo quarantesimo compleanno.

Come del resto niente e nessuno potrà farmi mai dimenticare questi due anni trascorsi “insieme” – notare le doverose virgolette …

Perché se è vero che è sbagliato vivere di passato, è ancor più vero che il passato rappresenta spesso un porto sicuro dove far riposare il cuore e l’anima quando i marosi della vita diventano troppo impetuosi.

Pertanto lascio a tutti gli altri il compito di disquisire sulla bontà o meno delle sostituzioni fatte in quella maledetta partita di Vicenza, sui numeri della promozione e su quelli della retrocessione, sui goal fatti e su quelli subiti, su chi ha effettivamente condotto il calciomercato dello scorso gennaio e su quello che è stato il tuo rapporto con l’attuale proprietà del Pisa SC.

Io invece mi tengo stretti i ricordi di questi due anni, tutte le emozioni vissute durante questo viaggio, un paio di serate trascorse in tua compagnia, quel pomeriggio estivo a Storo e la telefonata di un paio di mesi fa dove mi incoraggiavi ad andare avanti in quello che facevo nonostante tutto e nonostante tutti.

Insomma, mi tengo ben stretto tutto quello che mi hai saputo regalare in questi ventiquattro mesi.

Con il rammarico di averti visto andar via da Pisa troppo presto : perché in questo gioco dell’io do a te e tu dai a me, beh, per lo meno avrei voluto finire pari.

Tanti auguri mister.

Di cuore.

Gabriele Bianchi

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