Il Pisa Siamo Noi

Gael Genevier: una situazione strana e pesante!

Intervistiamo oggi telefonicamente il centrocampista che nel Pisa ha trovato l’incoronazione per arrivare alla serie A: Gael Genevier. Arriva al Pisa neopromosso in serie B nell’estate 2007. Tra i ricordi più belli, oltre alla grande tecnica e fantasia a centrocampo, viene in mente alla nona giornata il suo primo gol nella serie cadetta contro l’Albinoleffe, partita vinta per 3-2 dai Nerazzurri. Oggi ai nostri microfoni ci racconterà i due anni passati sotto la Torre!

Gael tu hai avuto come presidenti sia Covarelli che Pomponi. Dicci le differenze tra questi due personaggi.

Il primo anno che sono arrivato a Pisa Covarelli era il presidente, Petrachi il direttore sportivo e Ventura l’allenatore. Covarelli era un “presidente-amico”; con lui avevamo un rapporto splendido, parlavamo, ridevamo. Era un rapporto piacevole. Di sicuro ci ha aiutato il fatto che quell’anno le cose siano andate splendidamente. L’ambiente era sereno e carico di entusiasmo. Quando le cose sono così anche i rapporti sono facilitati. A sorpresa ci ha lasciato a fine stagione: nessuno di noi se lo aspettava.

Nelle precedente intervista Covarelli ha spiegato di essere rimasto deluso da Ventura perché, nonostante avesse chiesto alla squadra di vincere, il mister aveva schierato la primavera andando contro le sue volontà. Questo lo ha convinto ad andare via…

Sì, è vero. Covarelli ci radunò e ci chiese di non perdere la partita col Bologna. Ventura convocò dei ragazzi della primavera dicendo che, poiché avremmo giocato anche tre giorni dopo, dovevamo essere al massimo della forma. A mio avviso i ruoli vanno rispettati: il presidente deve fare il presidente, il mister deve fare il mister e il giocatore deve fare il giocatore. La decisione di chi schierare era del mister, pertanto Ventura ha fatto le sue scelte da tecnico. Le motivazioni erano giuste e non era una brutta idea. Ritengo sarebbe stato meglio rigiocare col Bologna i Play Off, però il mister ha preferito fare diversamente. Non vedo in questo un motivo valido per lasciare la presidenza di una squadra… al limite il presidente avrebbe potuto mandare via il mister!

Invece Pomponi…

Con Pomponi, invece, non ho avuto un rapporto piacevole. Si faceva vedere poco, non era il massimo nei rapporti con i giocatori. Come vi ricordate ci fu la questione relativa al rinnovo del mio contratto. Anche in questo episodio, che ricordo come una parentesi molto spiacevole, i nostri rapporti non sono stati idilliaci. L’ultimo giorno di mercato aveva avuto la possibilità di vendermi alla Reggina. Io dissi a lui, come a Ventura, che avrei gradito la serie A perché per me era una grande opportunità, invece lui rifiutò e mi tenne in scadenza di contratto, dicendomi che un accordo lo avremmo trovato. Da lì iniziò un “calvario” per me perché il presidente mi punzecchiava, facendomi passare per quello che non sono e mi impediva di parlare. Dieci minuti prima di giocare spesso mi ripeteva: “vedi di rinnovare il contratto, sennò il prossimo anno ti mando a giocare a Poggibonsi”, mi minacciava e tirava in ballo i rapporti con i miei familiari che secondo lui mi condizionavano. Insomma, una situazione non piacevole che ho patito tanto e che per un periodo mi ha impedito anche di rendere come avrei voluto.

È stato veramente lo spogliatoio a mandare via Ventura?

Da quello che sentii, il presidente chiese ai giocatori del Pisa se avessero voluto mandare via il mister. In un primo momento gli dissero di no, poi dopo la partita col Cittadella – invece – chiesero di mandarlo via. Queste sono le voci che mi sono arrivate, ma conoscendo le persone che c’erano in quegli anni faccio fatica a crederci. Per me l’esonero di Ventura è stata una decisione soltanto della società e secondo me nemmeno Cinquini era d’accordo.

Le partite col Rimini e col Brescia.

Prima della partita col Rimini non eravamo sereni. Poi dopo quel pareggio ci siamo caricati di coraggio e ci credevamo. Ci dette la forza giusta. Poi la partita col Brescia finì come sapete. Alla fine della gara io pensai di essere ai Play Out e sono uscito incoraggiando i miei compagni, dicendo loro: “Ok, abbiamo perso, ma ora possiamo riscattarci e uscire da questo pasticcio con i Play Out”. Poi mi girai verso il preparatore atletico che mi aggiornò dei risultati e mi disse che eravamo retrocessi direttamente. Non ci volevo credere. Fu un grosso colpo per me.

Pensi che qualcuno dei tuoi compagni si sia tirato indietro e abbia tradito il Pisa?

In queste situazioni è facile dare colpe e tirare fuori accuse. In quell’anno tutti potevamo dare di più. Tutti non abbiamo fatto abbastanza. La retrocessione è stata di squadra e quindi tutti hanno le loro colpe.

In quell’anno incise anche la vendita di Raimondi…

Sì. Gabriel oltre che un bravo giocatore è un grande uomo che sa tenere unito lo spogliatoio, che sa caricarti e incitarti. E lo faceva sempre anche quando non giocava. Quando lo vendettero, lo spogliatoio subì un duro colpo.

Non avevate avuto il presagio che sarebbe arrivato il fallimento?

Il presagio c’era perché c’era molta confusione e molto astio, tutto era improvvisato. Fin dall’inizio, quando eravamo in ritiro e la squadra era incompleta, abbiamo capito che c’era qualcosa di strano. Solo che quando sei un giocatore certe cose non le esponi, cerchi di giocare e non pensi ai problemi della società.

Il tuo rapporto con Ventura..

Ventura è un tecnico eccezionale e i risultati lo dimostrano. In campo è indubbiamente il numero uno. Da vero maestro di calcio riesce a tirar fuori il meglio da ogni giocatore. Secondo me darebbe il massimo in un contesto organizzato, con una società vera alle spalle che lo sostenga e lo supporti nella gestione dello spogliatoio. Questa cosa è ancora più evidente se pensiamo a ciò che è successo nel secondo anno a Pisa.

Petrachi teneva lo spogliatoio unito?

Lui è un direttore sportivo che ha giocato fino a poco tempo fa, questo lo aiuta a interpretare il suo ruolo al meglio perché sa cosa prova un giocatore che non gioca, uno infortunato, uno che gioca… quindi ha saputo gestire bene i rapporti tra i giocatori, mister, medici, dirigenti. E credo che Ventura e Petrachi si completassero a vicenda. In tal senso, non è un mistero che questa sia in gran parte la chiave di lettura del Pisa dei “miracoli”. L’anno dopo – ad esempio – è arrivato Cinquini, che ha interpretato il suo ruolo in modo classico. Da direttore sportivo dietro una scrivania che sceglie i giocatori, valuta e dirige.

Grazie Gael e in bocca al lupo per tutto.

Grazie a voi. Saluto e abbraccio tutti i tifosi che porto nel cuore.

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5 Comments

  1. Tommy

    26/06/2011 at 20:06

    Concordo, ma notate che, come tutti (anche Passiglia al Neroazzurro) ha difeso Covarelli, dicono tutti che facevano cene, che creava un ottimo ambiente.
    La colpa del fallimento è di Pomponi!

  2. Theo

    26/06/2011 at 19:11

    Liberte’, egalite’, GENEVIER!

  3. massimiliano

    02/04/2011 at 13:10

    Insieme a Zavagno…uno dei pochi(anzi pochisssimi)che rimettendo piede all’Arena(come gia’e’successo)ricevera’attestati di stima e strette di mano!!!!…

  4. giacomo

    01/04/2011 at 19:47

    Uno dei poi Signori con la S maiuscola che in mezzo alla marea di mercenari Pisa ha avuto in questi 10 anni. Grande Gael

  5. AGO

    01/04/2011 at 18:31

    Tra tutti quelli che hanno dato la loro versione quelli di Genevier mi sembra la più veritiera
    e onesta che mette ancora più in risalto in che mani ci aveva lasciato ricciolino.
    Genevier tra l’altro è uno dei pochi da salvare in quanto ha lottato fino in fondo sapendo già
    che l’anno dopo sarebbe andato a Siena.
    FORZA PISA SEMPRE E COMUNQUE

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