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Il Calcio e i Suoi Primi 150 Anni
- Updated: 26/10/2013
Era il 26 Ottobre 1863 quando tredici delegati di undici società (Barnes, Civil Service, Crusaders, Forest of Leytonstone, Kilburn, Crystal Palace, Blackheath, Kensington School, Perceval House, Surbiton and Blackheath Proprietary School ) si riunirono alla Freemason Tavern di Londra per definire una volta per tutte quali sarebbero state le regole e i fondamenti dal calcio. Fino a quel momento questo nuovo sport veniva giocato praticamente senza regole, si potevano usare mani e piedi, non esisteva il fuorigioco e non esistevano le punizioni. Era semplicemente una espressione di agonismo puro della giovane borghesia inglese.
Pare che, quel giorno, fosse una delle rare mattine in cui a Londra splende il sole, come se anche il tempo volesse dare il benvenuto, a questo nuovo gioco. La riunione durò molte ore e alla fine, dopo molti boccali di birra, vennero alla luce due nuovi giochi, ben distinti e differenziati, il football e il rugby.
In brevissimo tempo il football iniziò a propagarsi per tutta l’Inghilterra e successivamente, grazie ai marinai inglesi, in tutto il mondo. In ogni nave mercantile c’era un pallone e ad ogni attracco si approfittava per giocare. Si giocava a calcio sulle spiagge di Rio, in Spagna, Portogallo e a Genova, prima città italiana a conoscere questo ammaliante sport.
L’evoluzione e la diffusione del calcio fu rapidissima e inarrestabile, il primo modulo fu la Piramide di Cambridge, quindi venne il Modulo, il Sistema, il calcio totale degli olandesi, il catenaccio all’italiana, fino ad arrivare ai giorni nostri e, attraversando due guerre mondiali, rivoluzioni, la caduta del comunismo, l’informatizzazione di massa, il calcio ha sempre saputo rimanere in piedi e sulla cresta dell’onda. Ad esempio si giocava anche in piena guerra mondiale organizzando piccoli tornei locali e nel nostro caso, a Pisa, si giocò pochi giorni dopo alla tragica esondazione del 1966, grazie a volenterosi tifosi che ripulirono il campo dell’Arena dal fango e quant’altro. Perché il calcio è sempre stato un bene di tutti, un bene comune, ma soprattutto perché il calcio ha una grande, unica e incontrovertibile peculiarità: trasmette passione.
Ed è per questo che andiamo all’Arena in A come in D, col sole e con la pioggia, quando le cose vanno bene e anche quando tutto va male, perché la passione e l’emozione che questo sport riesce a regalare è unica e anche difficilmente spiegabile, come l’amore…sapreste spiegarlo?
E allora tanti auguri Calcio e altri 150 di questi giorni!
Senio Calvetti
n.d.r. In copertina una immagine della Freemason Tavern di fine ‘800