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Un Nerazzurro Da Raccontare – Sandro Joan

Nerazzurro da Raccontare 5

Come ogni settimana arriva l’appuntamento con la storia e con la rubrica ” Un Nerazzurro Da Raccontare “, per questa puntata il nostro Senio con la sua macchina del tempo ci racconta la storia calcistica di Sandro Joan.

Sandro Joan nasce a Roma il 20 Settembre 1939; inizia a tirare i primi calci al pallone nella squadretta di quartiere, il Libertas Centocelle. Ragazzone dal fisico possente, si fa apprezzare e non poco anche per la sua tecnica e nella capitale si sparge rapidamente la voce; i più lesti di tutti ad assicurarsi le sue prestazioni sono gli osservatori della Lazio.

All’inizio della stagione ’59/’60 Fulvio Bernardini, esperto ma innovativo Mister biancoceleste, decide di portare i giovani più promettenti della Primavera in Prima Squadra e fra questi, oltre a Bellagamba, Moroni, Viglioli e Mattei, c’è anche Sandro Joan. Dal punto di vista delle statistiche non sarà una grande stagione per Joan, infatti avrà l’opportunità di scendere in campo una sola volta; ma dal punto di vista della crescita personale sarà una stagione impagabile, perché potersi confrontare e allenare tutti i giorni con campioni del calibro di Lovati, Carosi, Tozzi e Janich, per lo più sotto la guida di un “volpone” del calcio come Bernardini, aiuterebbe a crescere in modo esponenziale qualsiasi giovane calciatore.

La Lazio chiude il campionato con un dodicesimo posto assolutamente anonimo, in cui si sono distinti solo Bob Lovati e Orlando Rozzoni, autore di 13 reti; ma la semifinale raggiunta in Coppa Italia, dove i biancocelesti vengono eliminati dalla Juventus dell’incontenibile Sivori è senza dubbio un buon risultato che vale la conferma per Mr. Bernardini e per buona parte della rosa.

Nella stagione successiva Joan non parte più da giovane aggregato ma da membro ufficiale della rosa, infatti Fulvio Bernardini crede molto in lui e nelle sue potenzialità, anche se non lo reputa ancora pronto per un posto da titolare. L’avvio del campionato non è certamente dei migliori e l’atmosfera dello spogliatoio inizia ad incupirsi, quando poi giungono quattro sconfitte consecutive, una addirittura per 4 a 0 nel derby l’aria si fa veramente irrespirabile e a pagare il prezzo più caro è, ovviamente, Mr. Bernardini che viene esonerato. La squadra viene affidata temporaneamente nelle mani dell’allenatore della Primavera Enrique Flamini, ma la società decide di effettuare anche alcuni cambi di strategia sulla gestione della rosa e cede alcuni giovani in prestito, uno di questi è Sandro Joan che va in prestito al Cosenza.

I “Lupi” del Comm. Biagio Lecce, allenati dall’ungherese Julius Zsengeller, puntano decisamente alla promozione in Serie B, elementi di spicco della squadra sono Giuseppe Galli e Francesco Rizzo, promettentissimo interno sinistro di appena diciassette anni. Sandro si integra immediatamente con i nuovi compagni e grazie anche alla sua tecnica si conquista immediatamente un posto da titolare; può giocare indifferentemente sia da Punta che da Mezzapunta è molto abile nel dettare l’ultimo passaggio e nello smarcarsi negli spazi.

Il campionato è una corsa a tre all’ultimo respiro fra Cosenza, Trapani e Siracusa, ma ad avere la meglio saranno proprio i calabresi che grazie al miglior attacco e alla miglior difesa tagliano il traguardo con una “spanna” di vantaggio sul Trapani, aggiudicandosi così una storica promozione in Serie B; a fine campionato Rizzo e Galli vengono opzionati dal Milan mentre Joan, che si è comportato benissimo andando anche a segno per sei volte, torna verso “casa” con il suo primo campionato vinto e con tanta esperienza in più, maturata sui difficili campi della Serie C.

Al suo ritorno a Roma, trova sulla panchina biancoceleste Jesse Carver e fa appena in tempo per poter disputare la Coppa delle Alpi; torneo in cui si confrontano squadre italiane e svizzere e dove ogni squadra porta punti alla sua nazione. La Lazio incontra il Grasshopper e nell’incontro di andata travolge gli svizzeri con un roboante 5 a 0, mentre il match di ritorno si conclude con un rocambolesco 3 a 3. Il torneo viene nettamente vinto dalle compagini italiane che surclassano gli avversari con un parziale di 29 punti a 3.

Intanto in casa Lazio si tirano le somme e la Finale di Coppa Italia, persa per 2 a 0 per mano della fiorentina, non basta a soddisfare una piazza che ha visto la sua squadra vincere solo cinque volte in un campionato chiuso con un “drammatico” ultimo posto a sette punti dalla penultima e con la prima retrocessione della sua storia; la società biancoceleste opta per la rifondazione, affida la panchina Paolo Todeschini e vende buona parte dei giocatori.

Joan, dopo l’ottimo campionato con il Cosenza, ha molti estimatori in Serie C e decide di accettare l’offerta giunta dalla Salernitana, altra compagine dai grandi progetti che tenterà la scalata alla cadetteria.

Fin dalle prim battute del campionato sembra chiaro a tutti che sarà una corsa a due fra Salernitana e Foggia, infatti le due squadre sembrano avere un passo nettamente differente dalle altre; alla settima giornata lo scontro diretto, giocato al Vestuti di Salerno, si conclude in parità con un 1 a 1 che vede Joan realizzare la sua prima rete in Granata. Le due compagini proseguono il campionato a rullo compressore, confrontandosi in un testa a testa che perdura fino allo scontro di ritorno, dove due rigori concessi ai Rossoneri e un autorete a pochi minuti della fine vanificano una fantastica prestazione dei Granata, che escono sconfitti per 3 a 2. A fine partita imperversano le polemiche a causa di un arbitraggio a dir poco discutibile, nel nervosismo generale e nella frustazione per avere perso una gara immeritatamente, viene esonerato, abbastanza inspiegabilmente, Mr. Di Gennaro; al suo posto arriva una vecchia conoscenza di Sandro Joan, ovvero Julius Zsengeller. Nel resto del campionato la Salernitana continua a fornire ottime prestazioni di fronte al pubblico amico, Cataldo Gambino segna a ripetizione e Joan fornisce assist puntuali e precisi, andando anche di tanto in tanto a segno; ma è fuori casa che la squadra zoppica vistosamente e i soli due punti racimolanti in trasferta di lì fino alla fine del campionato faranno allontanare, lentamente ma inesorabilmente, la vetta della classifica. A fine campionato i Granata chiuderanno al terzo posto, a cinque punti dalla capolista Foggia e a due dal Lecce; Gambino sarà il capocannoniere della squadra con 17 reti e Sandro Joan dimostrerà di essere un elemento su cui poter contare, in grado di saper leggere ottimamente le partite e le singole situazioni, dal rendimento costante e in grado di rendersi utile per l’intera squadra agevolando le giocate dei compagni.

Intanto ad Arezzo, dove da poco è entrato in società il noto industriale Mario Lebole e dove da poco è stato inaugurato il nuovo Stadio Comunale “Città di Arezzo” si pensa in grande, ma soprattutto si pensa al salto in Serie B. Alla guida tecnica viene confermato il Pontederese Mario Caciagli, autore di un ottimo campionato nella stagione precedente, concluso al quarto posto e per rinforzare la squadra c’è un nome che spicca più degli altri sui taccuini degli osservatori, ed è quello di Sandro Joan. L’offerta è di quelle che non si possono rifiutare ed anche il progetto sembra davvero ottimo, quindi Joan fa nuovamente le valige e migra in Toscana, dove non vestirà più Granata, ma amaranto e dove il cavallo rampante sostituisce il cavalluccio marino sullo stemma.

Caciagli, che era il secondo di Bernardini alla Lazio, conosce molto bene Sandro e su di lui impernia e costruisce tutto il gioco della squadra; Joan lo ripaga con ottime prestazioni e segnando come mai aveva fatto prima, infatti a fine stagione le reti realizzate dal “romano” saranno 11 e la personalità e la sicurezza con cui gioca sono ormai quelle di un giocatore “fatto”. Purtroppo la promozione sfuggirà ancora di poco al “nostro” Sandro a causa di un Prato autentico mattatore del campionato; l’Arezzo chiuderà a 41 punti a parimerito con Rimini e livorno, subito dopo la capolista.

Malgrado la mancata promozione Joan è ormai un giocatore pronto per fare il salto di categoria, la sua esperienza, la sua affidabilità e il suo fiuto del gol ormai affinato lo rendono un giocatore appetibile per qualsiasi squadra di Serie B.

A farsi avanti con più decisione e a offrire l’offerta più interessante e il Verona, allenato da Carlo Facchini che, dall’Arezzo, oltre a Joan acquista anche la mezzala Marco Tartari.

I gialloblu, senza particolari nomi di spicco in squadra, puntano sul collettivo; l’avvio del campionato vede alternarsi buone prestazioni ad altre veramente deplorevoli e quando sembra ormai assodato che la squadra non riesce a trovare la giusta quadratura, Facchini viene esonerato e al suo posto arriva Guido Tavellin, già allenatore degli Scaligeri dal ’57 al ’60.

Tavellin che conosce molto bene l’ambiente riesce immediatamente a compattare il gruppo e inanella una serie di risultati positivi che portano il Verona ad intravedere le porte del paradiso. Si distinguono in particolare il giovanissimo libero Cera, Bruno Bolchi, arrivato a Gennaio in prestito dall’Inter, il centrocampista Maioli e il duo di attacco formato da Giampiero Calloni e Sandro Joan. Quattro sconfitte consecutive riportano i Gialloblu sulla terra; mancano tre giornate e il Verona è ormai troppo lontano dal Foggia, che è già matematicamente promosso insieme a Cagliari e Varese.

Gli Scaligeri chiuderanno al quinto posto a soli due punti dai diavoli pugliesi, che ancora una volta “scippano” la promozione a Sandro Joan che gioca sempre più da attaccante ed è andato in rete 8 volte nel suo primo campionato di Serie B.

La società veronese ringrazia Guido Tavellin, sempre pronto a dare una mano alla causa gialloblu, soprattutto nei momenti di difficoltà e mette sotto contratto Giancarlo Cadè, giovane allenatore esordiente, che rivoluziona ampiamente la rosa.

L’avvio di stagione non è certamente dei più promettenti, ma si pensa che sia un problema di amalgama e che con il tempo i risultati arriveranno, ma sarà un campionato sofferto fino alla fine e il Verona chiuderà al quattordicesimo posto a solo tre lunghezze dal retrocesso Bari; fra i pochi a non tradire le attese di una stagione che ha rischiato fino all’ultimo di trasformarsi in un fallimento totale è Joan che lotta, corre, fornisce assist e segna più di tutti, andando a segno ancora per 8 volte, dimostrando, ancora una volta, una incredibile costanza di rendimento.

Cadè, al quale è stata data fiducia per tutto il campionato, viene allontanato e il suo posto viene preso un esordiente assoluto, Omero Tognon, che con il Milan ha collezionato più di trecento presenze da calciatore; in squadra sono arrivati il promettente terzino Eraldo Mancin dal Venezia e l’esperto centrocampista Lucio dell’Angelo proveniente dal Lanerossi Vicenza.

La stagione parte ancora una volta a rilento e servono ben sette giornate prima di ottenere la prima vittoria, la società sceglie ancora la strada della prudenza e conferma la fiducia a Tognon; stavolta i fatti gli danno ragione e il Verona risale la classifica, senza però conseguire mai una lunga serie di risultati positivi. Nel Verona di Tognon, Joan torna ad occupare il ruolo di mezzapunta che gli consente di mettere a segno più assist e più sponde per i compagni, ma che inevitabilmente lo porta a giocare più lontano dalla porta. Allo spint finale per la promozione agli Scaligeri viene il “braccino” e nelle ultime nove giornate raccolgono soltanto una vittoria, troppo poco e la promozione sfugge ancora una volta.

Il sesto posto finale, comunque, non dispiace alla società, che decide di proseguire con la gestione Tognon e rinforza la squadra comprando dalla Juventus il bomber brasiliano Dino Da Costa, anche se ormai trentacinquenne e la giovane promessa Paolo Nuti dalla Fiorentina, anche lui attaccante. L’arrivo di questi due attacanti, uno che stimola la fantasia dei tifosi e l’altro un investimento su cui la società punta molto, toglie spazio a Joan che si trova improvvisamente a ricoprire un ruolo marginale.

Stavolta la partenza non è zoppicante ma disastrosa, infatti nelle prime quindici giornate giunge soltanto una vittoria e il Verona si trova invischiato pericolosamente nei bassifondi della classifica; Tognon perde il posto e il timone della squadra viene affidato ad Ugo Pozzan che potrà avvalersi dell’esperienza e della classe del “Barone” Nils Liedholm, assunto in qualità di direttore tecnico. La situazione migliora, ma ogni tanto ci sono delle ricadute e il Verona non riesce mai a distaccarsi dalla zona retrocessione, anche a causa del suo attacco poco prolifico; infatti Da Costa pare ormai troppo vecchio ed attempato, mentre Nuti troppo giovane ed inesperto per affrontare un campionato di Serie B. Si arriva all’ultima giornata e ben sette squadre si ritrovano a lottare per non retrocedere…e una sola retrocederà.

Il Verona è una di queste e la sua posizione in griglia di partenza è delle peggiori, infatti si trova all’ultimo posto, a 34 punti in compagnia di Savona e Novara; al Bentegodi arriva il livorno, altra concorrente diretta per la salvezza che parte da quota 35. Il Verona mette da parte le insicurezze di tutta una stagione e liquida gli “amarantotrigliati” con un secco e indiscutibile 3 a 0 che gli garantisce la salvezza a quota 36 a parimerito con Genoa, Novara e Pisa; retrocede il Savona sconfitto a Catania per 2 a 1.

Joan insodisfatto e deluso dalla stagione e dalla considerazione ricevuta decide, dopo quattro stagioni in Gialloblu, di cambiare aria, sulle sue tracce c’è il Pisa del Presidente Donati.

Anche i Nerazzurri sono stati invischiati fino all’ultimo nella lotta per non retrocedere e sono riusciti nell’impresa soprattutto grazie all’avvento dell’istrionico ed effervescente Renato Lucchi, allenatore che ama giocare in modo sfrontato e che in panchina si agita come un vero tarantolato. Lucchi ha sostituito Pinardi sulla panchina del Pisa a dieci giornate dalla fine ed ha portato la nave in porto grazie ad un filotto di vittorie interne; confermatissimo anche per la stagione ’67/’68, gli viene data totale libertà su come spendere i pochi soldi che la società Nerazzurra può mettere a disposizione.

Il Mister non ha dubbi e sceglie quattro elementi esperti e di sicuro valore, il portiere Annibale in arrivo dal Cesena, il centravanti Piaceri dal Potenza, Luigi Mascalaito mezzapunta del livorno e Sandro Joan dal Verona; in città si mormora che la rosa è troppo “vecchia” e Lucchi risponde alle critiche direttamente dal ritiro di Bagno di Romagna dicendo che ha voluto creare una rosa omogenea e che il Pisa farà un buon campionato.

La partenza dei Nerazzurri è al fulmicotone, 5 a 0 al Messina alla seconda giornata, vittoria esterna a Lecco alla terza e un’altra grandinata di gol alla quinta, dove i ragazzi di Lucchi travolgono per 5 a 2 il Bari, candidato alla promozione, secondo gli esperti. Il Pisa pratica un calcio entusismante ed offensivo, dinamico ed efficace, che esalta le doti tecniche dei suoi attaccanti; talmente entusiasmante da scomodare addirittura Nino Nutrizio, famoso giornalista sportivo, che dedica al Pisa un articolo sulla rubrica sportiva de L’Europeo, intitolato:” La speranza viene da Pisa”.

Malgrado il clamore e i complimenti i ragazzi di Lucchi non si montano la testa e continuano la loro marcia; Gonfiantini, Gasparroni e Barontini garantiscono fisicità ed ermeticità in fase difensiva e quando la palla arriva davanti con Joan, Piaceri e Manservisi son dolori per chiunque. Alla decima giornata arriva all’Arena il temuto Verona del duo Pozzan-Liedholm, altra candidata alla promozione e Joan, che ha ancora il dente avvelenato, realizza una storica tripletta che manda i pisani in visibilio e gli Scaligeri verso casa con la coda fra le gambe, surclassati da un Pisa spumeggiante; tre giornate più tardi a scendere in campo all’Arena è il livorno, in quello che si preannuncia essere un derby caldissimo a causa della massiccia presenza di tifosi labronici, ma è ancora Joan, che realizza una doppietta, ad essere il mattatore della giornata, quando poi Piaceri realizza il 3 a 0, chiudendo definitivamente il match, l’Arena esplode in un tripudio di gioia e i tifosi amaranto abbandonano mestamente lo stadio subendo lo scherno dei Pisani.

Il Pisa attraversa un periodo delicato nella fase centrale del campionato, dove non riesce più ad esprimersi con quella dirompenza delle giornate iniziali, si segna di meno e di conseguenza arrivano anche meno punti; in questa circostanza è molto brava la società a tenere calma sia la piazza che la squadra che, una volta superato l’empasse, torna di nuovo a galoppare e ne sono la prova la bella vittoria di Verona e di Genova.

Il campionato procede ed il Pisa si mantiene stabilmente nelle zone alte della classifica e in città si inizia a sognare la Serie A, che manca ormai da 42 anni. A quattro giornate dalla fine i Nerazzurri sprecano un vero e proprio match-point, facendosi rimontare due reti dalla Reggina e rischiando seriamente di perdere nel finale, solo uno strepitoso Annibale consentirà di portare a casa almeno un punto; la giornata successiva è di nuovo all’Arena, stavolta contro il Novara e anche stavolta il Pisa non riesce ad andare oltre il pari, sprecando così un’altra occasione d’oro per avere la matematica certezza della promozione. In città c’è il timore che la squadra sia arrivata in fondo al lungo ed estenuante campionato di B con il fiato corto e c’è addirittura chi pensa che sia la società a non voler la promozione; manca solo un punto ed il Pisa dovrà cercare di guadagnarselo sul campo di Venezia alla penultima giornata, perché all’ultima riposa.

Quando, una settimana puù tardi, il Pisa scende in campo al Pierluigi Penzo si rende conto che tutta Pisa è con loro, infatti sono stati organizzati ben 61 pullman e molte persone hanno raggiunto Venezia in treno o in macchina, una vera bolgia Nerazzurra; il Pisa gioca contratto e sulla difensiva cercando di incanalare la partita su un tranquillo 0 a 0, ma questo tipo di gioco non è nelle sue corde e Spagni realizza la rete del 1 a 0 per i lagunari, a questo punto i Nerazzurri si riversano in avanti cercando di buttare il cuore oltre l’ostacolo, l’occasione più clamorosa sarà l’incrocio dei pali colpito da Piaceri praticamente allo scadere che provoca un mezzo infarto a tutti i tifosi rossocrociati, ma che non cambia le sorti dell’incontro.

Pisa 48, Verona 46 e Bari 46, questa è la situazione ad una giornata dalla fine ed il Pisa, che riposerà, dovrà sperare che non vincano entrambe le rivali per evitare un clamoroso spareggio a tre per due posti; in città non si parla d’altro per tutta la settimana si arriva a conoscere ogni dettaglio delle nostre rivali e delle squadre che le affronteranno. Il Verona giocherà in casa contro un Padova che non ha più niente da chiedere al campionato, mentre il Bari dovrà andare a cercare la vittoria sul campo del Perugia, al quale serve un punto per raggiungere la matematica salvezza.

Finalmente arriva il giorno della verità, ma il Pisa e Pisa non posson far altro che stare a guardare e sperare; la cadetteria non viene trasmessa alla radio, quindi ci si organizza con continui collegamenti telefonici sui campi caldi effettuati da La Nazione. Largo Ciro Menotti, luogo in cui si trova la sede del giornale, inizia a riempirsi fin dalle prime ore del pomeriggio e quando stanno per iniziare le partite, i tifosi arrivano fino a bloccare totalmente il traffico in Borgo.

La folla è in trepidante attesa e ad ogni aggiornamento speranza e paura fanno salire l’adrenalina alle stelle, alla fine dei primi tempi, il Verona si trova in vantaggio per 1 a 0 grazie ad una rete di Bonatti, mentre il Bari è sotto di una rete a Perugia…con questi risultati è Serie A.

Al ventesimo del secondo tempo viene annunciato che Galletti ha portato il Bari sull’ 1 a 1, da quel momento in poi il tempo sembra non passare mai, venticinque minuti che si trasformano in un’eternità, finché alle 18 e 47 del 23 Giugno 1968 viene dato l’annuncio che a Perugia la gara è terminata ed è terminata sull’ 1 a 1! Tutta Pisa esplode in un grido di gioia trattenuto per 42 anni, tripudio, festeggiamenti, commozione e mille altre sensazioni attraversano il cuore e la mente dei pisani, ma soprattutto IL PISA E’ DI NUOVO IN SERIE A!!! Il giornalista del Corriere dello Sport, Mario Pennacchia, chiude il suo articolo così:” Qui Pisa ore 20. Nella pace del sereno tramonto è scoppiata la più pazza guerra della felicità”.

I ragazzi di Lucchi hanno compiuto un vero e proprio miracolo, ci sono elogi per tutti e ovviamente anche per Sandro Joan autore di 12 reti e di un campionato magnifico, impreziosito da prestazioni sontuose nelle gare determinanti della stagione.

Terminati i festeggiamenti la città si prepara per la grande avventura, tifosi, giornalisti e anche lo stesso Donati sono concordi che servono almeno quattro o cinque innesti per rendere competitiva la rosa; il Pisa si butta sul mercato e sonda il terreno un po’ ovunque, si cercano scambi con Juventus, dalla quale Lucchi vuole avere il centrocampista Cinesinho, e Milan che offre tre giocatori per avere il terzino Ripari, ma nessuno di questi affari andrà in porto e i Nerazzurri saranno costretti a ripiegare su altri obiettivi.

Torna a vestire di Nerazzurro Giuseppe Cosma, acquistato dal Lanerossi Vicenza, arrivano anche i difensori Coramini, Lenzi e Casati e il centrocampista Gasparini dal Novara, dopo aver tentato un ultimo assalto per Cinesinho; la piazza è dubbiosa sui nuovi acquisti, ma Mr Lucchi fa buon viso a cattivo gioco e si dichiara pienamente soddisfatto della campagna acquisti, oltretutto dichiara che il Pisa giocherà con tre punte e mezzo, cosa che da un lato entusiasma, ma che al tempo stesso preoccupa.

La prima di campionato è a Torino e i Nerazzurri escono sconfitti, per 1 a 0, in modo immeritato; nella gara successiva il Pisa incrocia la Roma di Helenio Herrera, ancora una ottima prestazione dal punto di vista qualitativo, ma purtroppo arriva ancora un’altra sconfitta; il Mago Herrera intervistato a fine gara dichiara:” Il Pisa dovrà soffrire, ma con qualche opportuno ritocco potrà salvarsi”. A San Siro, contro il Milan, Sormani porta in vantaggio i rossoneri, ma Sandro Joan pareggia le sorti dell’incontro, realizzando così anche la sua prima rete in Serie A, i Nerazzurri continuano a giocare a viso aperto, forse troppo, e Pierino Prati li punisce realizzando il gol del definitivo 2 a 1 a pochi minuti dalla fine. Il primo punto arriva alla quarta giornata, contro il Varese e la prima vittoria alla quinta, contro l’Atalanta.

Il campionato prosegue e il Pisa si fa ammirare per il suo gioco, ma tranne in qualche caso, come la bella vittoria conseguita contro il Palermo in cui i Nerazzurri si impongono per 4 a 1, la concretezza non è proprio il forte dei ragazzi di Mr. Lucchi, che lasciano molti punti lungo il cammino per ingenuità, eccessiva sfrontatezza e anche un po’ di sfortuna.

I Rossocrociati galleggiano per tutto il campionato ai limiti della zona retrocessione; mancano quattro giornate alla fine e il Pisa dovrà conquistarsi la salvezza nei due incontri casalinghi contro Bologna e Vicenza. Il 27 Aprile del 1969 scende in campo all’Arena il Bologna, che veleggia in una tranquilla posizione di metà classifica. La partita è molto tirata e i Rossoblu non sembrano intenzionati a recitare il ruolo di sparring partner, anzi a undici minuti dalla fine Savoldi porta in vantaggio gli ospiti, gelando l’Arena; i ragazzi di Lucchi si riversano disperatamente in attacco e Joan colpisce un clamoroso incrocio dei pali a pochi secondi dalla fine, ma non c’è niente da fare e il Pisa esce sconfitto, l’Arena si svuota silenziosamente e le speranze di salvezza sono ormai ridotte al lumicino.

Contro il Vicenza, diretta concorrente, il Pisa ci prova con tutte le sue forze, ma la squadra sembra ormai aver perso la concentrazione e la grinta necessaria per poter raggiungere il traguardo, la gara si conclude con un sofferto 2 a 2 che significa una sola cosa, Serie B.

Ovviamente scatta immediatamente la caccia al colpevole, la società poteva e doveva fare di più, ma il principale imputato pare essere Renato Lucchi, reo di essersi preoccupato solo di far vedere la sua bravura di allenatore piuttosto che preoccuparsi di portar punti a casa in una qualche maniera; viene esonarato e al suo posto arriva il sergente di ferro Lauro Toneatto.

Il nuovo Mister avvia una mezza rivoluzione e una campagna acquisti molto dispendiosa; arrivano sotto la Torre, Baisi, Rampanti, Abbondanza, Parola, Raschi, Grandini e Crivelli. Sandro Joan, anche se ormai trentuenne, viene confermato perché considerato un elemento di sicuro valore che potrà rivelarsi molto utile.

Il Pisa viene inserito fra le favorite per la promozione e all’avvio del campionato sembra rispettare questo pronostico andando a vincere per 2 a 0 a Taranto e battendo per 3 a 0 all’Arena la forte Reggina; ma la squadra sembra avere qualche problema di amalgama fra i “vecchi” ed i “nuovi” ed inoltre pare che i rudi modi con cui Toneatto si approccia ai giocatori non siano molto graditi dai più.

Questa sitazione porta i Rossocrociati ad avere risultati altalenanti, belle vittorie e clamorose sconfitte segnano i cammino della stagione; il Pisa si mantiene nella zona medio-alta della classifica, ma serve un cambio di marcia per poter seriamente sperare nella promozione. Il cambio di marcia non arriva e già ad Aprile, dopo la sonora sconfitta, 4 a 1, rimediata a Mantova, i Nerazzurri possono già dire ufficialmente addio ai sogni promozione; nella gara successiva giunge un’altra clamorosa sconfitta, infatti il Pisa perde, all’Arena, per 5 a 2 contro il Perugia, scatenando l’ira dei tifosi che furenti chiedono la testa di Toneatto.

Giunge puntuale l’esonero e la squadra viene affidata a Giuseppe Corradi, il Pisa chiuderà una stagione ricca di ambizioni con un anonimo settimo posto, ma la cosa che preoccupa di più è che la faraonica campagna acquisti di Mr. Toneatto ha portato uno sbilancio nella casse del Pisa di ben 200 milioni.

La società corre ai ripari e inizia a cedere tutto il cedibile, il debito viene ripianato ma la squadra sembra notevolmente indebolita. Pinardi, che era stato scelto come allenatore per la nuova stagione, rifiuta l’incarico non ritenendo la rosa Nerazzurra all’altezza del campionato di Serie B; la squadra viene affidata a Umberto Mannocci, ma quel che preoccupa di più è la volontà di Donati di lasciare la società.

Squadra smantellata e società in smobilitazione è quanto di peggio può succedere ad una squadra di calcio, il campionato assume un aspetto secondario, in città si parla soprattutto di chi prenderà il Pisa e di che cosa succederà nel dopo Donati. Questa situazione finisce inevitabilmente con l’inficiare anche il rendimento della squadra che pur lottando fino all’ultimo finisce col retrocedere a causa della differenza reti; infatti un solo gol di differenza, rispetto al Taranto, condanna i Nerazzurri alla Serie C e riporta Joan al punto di partenza.

Sandro Joan resterà al Pisa per altre due stagioni, in due campionati di Serie C senza pretese, sotto la presidenza di Luigi Rota, il cui obiettivo principale è quello di mantenere in vita la società. Si ritirerà dal calcio al termine della stagione ’72/’73, all’età di 34 anni, avendo collezionato in Nerazzurro 158 presenze e 30 reti, ma resterà per sempre nel cuore di tutti i tifosi pisani per essere stato un degli “eroi” che riportarono il Pisa al posto giusto…in Serie A!

Senio Calvetti

Per tutti gli appassionati di sport vi invitiamo a visitare il blog curato da Senio , Gli Strani Stranieri Della Serie A

E adesso tocca a voi completare questa scheda , scrivete il vostro aneddoto o un vostro ricordo legato a questo giocatore e noi lo inseriremo qui di seguito.

Per leggere tutti i Nerazzurri precedenti clicca Qui !

I VOSTRI RICORDI

Avevo 11 anni e ora ne ho 54 ma quel Pisa del sessantotto non me lo scorderò mai , le tre reti di Joan proprio alla sua ex squadra sono scolpite nella mia mente , la squadra di quell’anno è il mio Pisa , che vedevo tutte le domeniche da un palco fatto in un orto del mio povero nonno , perchè fino a quell’anno la curva sud non esisteva ancora , altri tempi purtroppo .

Riccardo

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4 Comments

  1. Franco

    31/05/2011 at 19:24

    Io ne ho 59 di anni e ricordo anch’ io quell’annata della promozione come una delle più belle della storia del Pisa. Joan fu uno dei più grandi! Per quanto riguarda la canzone “Bisogna saper perdere” ricordo anch’ io che fu messa, ma mi pare che avvenne l’anno prima, quando il Livorno fu battuto da una rete di Galli. Anni indimenticabili. Che nostalgia!

  2. paolo

    30/05/2011 at 16:40

    Ragazzi, m’avete fatto venì i lucciconi agli occhi!! Io a Perugia c’andai direttamente con mio babbo che mise una bella bottiglia di spumante nella bauliera della macchina. Che passione!!! Prima Mainardi e poi Galletti e alla fine prima di ripartì si festeggiò a spumante in mezzo all’incredulità della gente.(allora non c’era il palloncino). E poi mi ricorso sempre che nell’intervallo della partita con il livorno fu messo più volte la canzone in voga al momento “bisogna saper perdere” dei Roks. Grande Sandro e grandi tutti!!!!

  3. giampaolo

    29/05/2011 at 02:22

    Come scrive Riccardo, se dici Joan la prima cosa che viene in mente è quel 3 a 1 rifilato al Verona l’anno della promozione in A proprio con tre goal dell’ex scaligero. Quella partita la considero una delle più belle viste all’Arena. Nelle fila del Verona c’erano tanti ex pisani (Bui che segnò il goal veronese, Mascetti, De Min, Petrelli, l’allenatore Pozzan) oltre a due giocatori nati sotto la Torre (Batistoni e Nuti). Nella nostra squadra oltre all’ex Joan, giocavano i veronesi Guglielmoni e Mascalaito.
    In quell’annata incontrammo il Verona 3 volte con altrettante vittorie: cominciammo in Coppa Italia (1 a 0 – rete di Colombo (?)), il suddetto 3 a 1, per finire con la vittoria per 1 a 0 (Piaceri) nel ritorno.
    La curva sud come ricorda Riccardo non esisteva ancora: c’era il parterre, cinque o sei gradoni, una curvetta. Prima del derby col Livorno fu costruita la curva in tubi Innocenti e rimase per le restanti partite di quel campionato.
    Bei tempi!!!

  4. riccardo il pacifista

    27/05/2011 at 21:37

    Avevo 11 anni e ora ne ho 54 ma quel Pisa del sessantotto non me lo scorderò mai , le tre reti di Joan proprio alla sua ex squadra sono scolpite nella mia mente , la squadra di quell’anno è il mio Pisa , che vedevo tutte le domeniche da un palco fatto in un orto del mio povero nonno , perchè fino a quell’anno la curva sud non esisteva ancora , altri tempi purtroppo .

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