
Ci è voluto un Pisa a tratti eroico per centrare il primo successo casalingo del 2023 ai danni di un Perugia che nonostante il vantaggio di un goal e di un uomo maturato nel primo tempo non ha saputo opporre adeguata resistenza alla ripresa tutta cuore, grinta e qualità giocata dai neroazzurri capaci di ribaltare la contesa con pieno merito e di ottenere tre punti fondamentali per consolidare la propria posizione nella griglia play off. Il miglior viatico possibile per affrontare con fiducia la difficile trasferta di Parma di martedì prossimo.
PRIMO TEMPO. Nel Pisa tornano Barba al centro della difesa ed Esteves sulla corsia di destra mentre in attacco spazio alla coppia pesante formata da Moreo e Gliozzi con Morutan a supporto ; il Perugia invece arriva all’Arena Garibaldi con tanti giocatori indisponibili, in difesa deve stringere i denti Dell’Orco mentre tocca a Paz sostituire lo squalificato Lisi per provare a dare manforte alla linea offensiva dove Kouan viene avanzato per giocare in coppia con Di Carmine. Partono subito forte i neroazzurri che vogliono subito forzare il sofisticato meccanismo difensivo messo a punto da mister Castori : ci riuscirebbero anche dopo una decina di minuti con il preciso tocco di Morutan vanificato però dal millimetrico fuorigioco di Gliozzi che poi aveva servito l’assist al folletto rumeno.
Tale episodio non particolarmente fortunato sembra pesare sulla testa di capitan Marin e compagni che iniziano a perdere la spinta iniziale e regalano metri al Perugia, che timidamente prova qualche sortita offensiva al cospetto di un avversario che sembra essere estremamente preoccupato di non riuscire a mettere la gara in discesa ; ci pensa invece l’ineffabile signor Santoro da Messina a mettere la gara in discesa sì ma per la compagine ospite espellendo Hermannsson per un fantomatico fallo da ultimo uomo ai danni di Di Carmine che alla fine della fiera vede solamente lui, come ben dimostra lo stupore dipinto sui volti dei giocatori del Grifone.
Piove poi sul bagnato in casa Pisa : il colpo di testa di Kouan trova la mano di Esteves e per il direttore di gare è calcio di rigore in favore del Perugia, con Casasola che prima spiazza Nicolas portando in vantaggio i suoi e poi si produce in un’esultanza assolutamente fuori luogo sotto la curva Nord scatenando le ire dell’intera Arena Garibaldi. Prima dell’intervallo c’è ancora il tempo per registrare l’ingresso in campo dopo nove mesi di assenza di Antonio Caracciolo – ovviamente mister D’Angelo prova con tale mossa a riequilibrare la propria squadra in inferiorità numerica – e l’ammonizione assurda di Marin che in quanto diffidato sarà costretto a saltare la trasferta di Parma.
SECONDO TEMPO. Il Pisa che rientra in campo nella ripresa è una bestia ferita, incitata a gran voce da un pubblico che ha capito di aver subito una colossale ingiustizia : il risultato è che sembra essere il Perugia la squadra in inferiorità numerica, incapace di ripartire e costantemente costretta nella propria metà campo da un avversario che attacca a testa bassa e che ha tutta l’intenzione di ribaltare le sorti della contesa. E che come spesso accade nel gioco del calcio si aggrappa al proprio fuoriclasse : imbucata di rara intelligenza di Gliozzi per Morutan che in piena area di rigore ospite scherza la marcatura di Struna e con una rasoiata mancina di rara precisione manda la sfera ad insaccarsi all’angolo lungo dove Gori proprio non può arrivare.
Il pareggio conquistato nonostante l’uomo in meno non placa l’ira funesta dei padroni di casa : ancora Morutan ha la palla buona per realizzare la doppietta personale ma il suo piattone di prima intenzione su cross al bacio di Beruatto dalla corsia mancina è troppo centrale per sorprendere Gori. Gori che invece rimane di sale quando Touré addomestica di testa un lancio dalle retrovie per l’accorrente Marin che dai venti metri lascia partire un destro di prima intenzione terrificante, un autentico siluro che si incastona all’incrocio dei pali e fa esplodere un’Arena Garibaldi quasi incredula dinnanzi a cotanta bellezza.
Il Perugia è tramortito e non riesce ad organizzare una reazione degna di tal nome, complici anche le sostituzioni di mister D’Angelo che getta nella mischia forze fresche a difesa del prezioso risultato : gli ingressi in campo di Sibilli, Calabresi, De Vitis e Masucci sono infatti linfa vitale per i neroazzurri e risultano decisivi per condurre in porto la vittoria senza particolari patemi. Oltretutto anche gli ospiti rimangono in dieci uomini ad un quarto d’ora dal novantesimo grazie alla caparbietà di Calabresi che va a contendere un pallone praticamente perso a Paz e rimedia la sbracciata troppo energica del numero 17 in maglia bianca che costa all’esterno colombiano il cartellino rosso.
Alla fine della fiera l’unica occasione costruita dal Grifone è una mischia in area di rigore neroazzurra che il neo entrato Curado prova a risolvere con una conclusione di prima intenzione sulla quale è provvidenziale De Vitis che fa muro con una scivolata da far vedere nelle scuole calcio ; troppo poco per togliere la vittoria ad un Pisa che questa volta è stato davvero più forte di tutto e di tutti e che ha dimostrato una volta di più di avere tanta qualità e tanto cuore. E di avere anche i coglioni quadrati, il che non guasta.
POLLICE SU – Marius Marin
Capitano mio capitano. Che inizia la contesa con il motore a pieni giri come un po’ tutta la squadra neroazzurra. Che inizia a perdere potenza ed intensità nella propria azione a metà primo tempo, quando il Pisa tutto sembra tornare prigioniero di quei fantasmi che sembrano aleggiare sull’Arena Garibaldi da inizio anno. Che con la fascia di capitano al braccio è costretto a chinare il capo davanti alla scellerata decisione del signor Santoro di espellere Hermannsson. Che rimedia un cartellino giallo assolutamente opinabile, decisione questa che gli costerà la squalifica per la trasferta di Parma. Che è costretto a giocare tutta la ripresa con la spada di Damocle dell’ammonizione che gli pende sopra la testa. Che rientra in campo a guisa di perfetto timoniere di una ciurma ferita ma niente affatto doma. Che gioca i secondi cinquanta minuti della contesa con il piede costantemente premuto sull’acceleratore. Che con un pressing feroce annulla le geometrie di Bartolomei, le accelerazioni di Luperini, la regia di Santoro e gli strappi di Casasola. Che raccoglie la sponda aerea di Touré e scaraventa all’incrocio dei pali un pallone colpito di prima intenzione dai venti metri che fa esplodere il vecchio catino di via Rindi come non succedeva da quella maledetta finale play off di fine maggio. Che riesce a mettere dentro a quel pallone tutta la rabbia accumulata per tutto quello che era accaduto in campo in precedenza. Che segna un goal che alla fine significa una vittoria che vale molto più dei canonici tre punti. Che al vostro umile scribacchino ha ricordato un altro goal capolavoro segnato da un altro numero 8 impossibile da dimenticare per chi ama i colori neroazzurri. E sì caro Marius, ti ho visto correre come un pazzo sotto la curva Nord e subito un’altra corsa mi è tornata prepotentemente alla mente. Quella di Fabrizio Ferrigno dopo il goal segnato in un derby contro la Lucchese ormai vecchio di quasi vent’anni. Due goal stilisticamente diversi ma concettualmente assai simili, messi entrambi a referto in un momento di difficoltà ma capaci entrambi di gridare la medesima verità. Che per il Pisa di adesso, proprio come per il Pisa di allora, nessun obbiettivo è davvero precluso. Basta metterci il cuore. Come quello sempre più neroazzurro di Marius Marin. E come quello gigantesco che ha sempre dimostrato avere il mio indimenticato amico Fabrizio Ferrigno.
POLLICE GIU’ – Alberto Santoro
Al termine di un match così avvincente e così importante per i colori neroazzurri non sarebbe neanche troppo giusto trovare un calciatore meno meritevole degli altri, per fortuna la direzione di gara ai limiti del grottesco del fischietto messinese mi ha per certi versi tolto dall’imbarazzo nello scegliere chi mettere bonariamente dietro la lavagna. E dietro la lavagna il signor Santoro ci finisce con tutte le scarpe. Anzi, la speranza è che dietro la lavagna ci resti per parecchio tempo, così da non andare a perpetrare orrori arbitrali a destra ed a manca. Perché il metro di giudizio usato sul prato dell’Arena Garibaldi è un qualcosa che sfugge all’umana comprensione, a partire dall’espulsione di Hermannsson per una trattenuta reciproca con Di Carmine trasformata a tempo di record in un fantomatico fallo da ultimo uomo. Da lì in poi il tremebondo fischietto messinese ne inizia ad imbroccare davvero poche : ammonisce il diffidato Marin per un intervento che probabilmente non era neppure falloso, grazia Casasola che aveva allontanato proditoriamente il pallone ammonendo invece Beruatto per le proteste, salvo poi nella ripresa ammonire Touré per lo stesso gesto di cui si era reso protagonista l’autore del goal del Perugia. Mancano poi un paio di cartellini gialli a Kouan e Capezzi – intervento particolarmente ruvido ai danni di Esteves per il primo, evidente trattenuta ai danni di Touré per il secondo ; alla fine della fiera vede giusto soltanto in occasione del calcio di rigore concesso alla compagine ospite e quando caccia via Paz reo di aver colpito con una sbracciata fin troppo vigorosa il malcapitato Calabresi. Troppo poco per salvare una prestazione nettamente insufficiente che ne fa il peggiore in campo per distacco. E che soprattutto apre il dibattito sulla qualità generale delle ex giacchette nere mandate ogni settimana a dirigere partite di una categoria che meriterebbe ben altro livello qualitativo di una classe arbitrale che sembra essere sempre più alla deriva. Oltretutto troppo spesso poco aiutata da una VAR del quale dopo ormai diversi anni si continua a non capire in maniera univoca la ratio con la quale viene adoperata.

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Ci è voluto un Pisa a tratti eroico per centrare il primo successo casalingo del 2023 ai danni di un Perugia che nonostante il vantaggio di un goal e di un uomo maturato nel primo tempo non ha saputo opporre adeguata resistenza alla ripresa tutta cuore, grinta e qualità giocata dai neroazzurri capaci di ribaltare la contesa con pieno merito e di ottenere tre punti fondamentali per consolidare la propria posizione nella griglia play off. Il miglior viatico possibile per affrontare con fiducia la difficile trasferta di Parma di martedì prossimo.
PRIMO TEMPO. Nel Pisa tornano Barba al centro della difesa ed Esteves sulla corsia di destra mentre in attacco spazio alla coppia pesante formata da Moreo e Gliozzi con Morutan a supporto ; il Perugia invece arriva all’Arena Garibaldi con tanti giocatori indisponibili, in difesa deve stringere i denti Dell’Orco mentre tocca a Paz sostituire lo squalificato Lisi per provare a dare manforte alla linea offensiva dove Kouan viene avanzato per giocare in coppia con Di Carmine. Partono subito forte i neroazzurri che vogliono subito forzare il sofisticato meccanismo difensivo messo a punto da mister Castori : ci riuscirebbero anche dopo una decina di minuti con il preciso tocco di Morutan vanificato però dal millimetrico fuorigioco di Gliozzi che poi aveva servito l’assist al folletto rumeno.
Tale episodio non particolarmente fortunato sembra pesare sulla testa di capitan Marin e compagni che iniziano a perdere la spinta iniziale e regalano metri al Perugia, che timidamente prova qualche sortita offensiva al cospetto di un avversario che sembra essere estremamente preoccupato di non riuscire a mettere la gara in discesa ; ci pensa invece l’ineffabile signor Santoro da Messina a mettere la gara in discesa sì ma per la compagine ospite espellendo Hermannsson per un fantomatico fallo da ultimo uomo ai danni di Di Carmine che alla fine della fiera vede solamente lui, come ben dimostra lo stupore dipinto sui volti dei giocatori del Grifone.
Piove poi sul bagnato in casa Pisa : il colpo di testa di Kouan trova la mano di Esteves e per il direttore di gare è calcio di rigore in favore del Perugia, con Casasola che prima spiazza Nicolas portando in vantaggio i suoi e poi si produce in un’esultanza assolutamente fuori luogo sotto la curva Nord scatenando le ire dell’intera Arena Garibaldi. Prima dell’intervallo c’è ancora il tempo per registrare l’ingresso in campo dopo nove mesi di assenza di Antonio Caracciolo – ovviamente mister D’Angelo prova con tale mossa a riequilibrare la propria squadra in inferiorità numerica – e l’ammonizione assurda di Marin che in quanto diffidato sarà costretto a saltare la trasferta di Parma.
SECONDO TEMPO. Il Pisa che rientra in campo nella ripresa è una bestia ferita, incitata a gran voce da un pubblico che ha capito di aver subito una colossale ingiustizia : il risultato è che sembra essere il Perugia la squadra in inferiorità numerica, incapace di ripartire e costantemente costretta nella propria metà campo da un avversario che attacca a testa bassa e che ha tutta l’intenzione di ribaltare le sorti della contesa. E che come spesso accade nel gioco del calcio si aggrappa al proprio fuoriclasse : imbucata di rara intelligenza di Gliozzi per Morutan che in piena area di rigore ospite scherza la marcatura di Struna e con una rasoiata mancina di rara precisione manda la sfera ad insaccarsi all’angolo lungo dove Gori proprio non può arrivare.
Il pareggio conquistato nonostante l’uomo in meno non placa l’ira funesta dei padroni di casa : ancora Morutan ha la palla buona per realizzare la doppietta personale ma il suo piattone di prima intenzione su cross al bacio di Beruatto dalla corsia mancina è troppo centrale per sorprendere Gori. Gori che invece rimane di sale quando Touré addomestica di testa un lancio dalle retrovie per l’accorrente Marin che dai venti metri lascia partire un destro di prima intenzione terrificante, un autentico siluro che si incastona all’incrocio dei pali e fa esplodere un’Arena Garibaldi quasi incredula dinnanzi a cotanta bellezza.
Il Perugia è tramortito e non riesce ad organizzare una reazione degna di tal nome, complici anche le sostituzioni di mister D’Angelo che getta nella mischia forze fresche a difesa del prezioso risultato : gli ingressi in campo di Sibilli, Calabresi, De Vitis e Masucci sono infatti linfa vitale per i neroazzurri e risultano decisivi per condurre in porto la vittoria senza particolari patemi. Oltretutto anche gli ospiti rimangono in dieci uomini ad un quarto d’ora dal novantesimo grazie alla caparbietà di Calabresi che va a contendere un pallone praticamente perso a Paz e rimedia la sbracciata troppo energica del numero 17 in maglia bianca che costa all’esterno colombiano il cartellino rosso.
Alla fine della fiera l’unica occasione costruita dal Grifone è una mischia in area di rigore neroazzurra che il neo entrato Curado prova a risolvere con una conclusione di prima intenzione sulla quale è provvidenziale De Vitis che fa muro con una scivolata da far vedere nelle scuole calcio ; troppo poco per togliere la vittoria ad un Pisa che questa volta è stato davvero più forte di tutto e di tutti e che ha dimostrato una volta di più di avere tanta qualità e tanto cuore. E di avere anche i coglioni quadrati, il che non guasta.
POLLICE SU – Marius Marin
Capitano mio capitano. Che inizia la contesa con il motore a pieni giri come un po’ tutta la squadra neroazzurra. Che inizia a perdere potenza ed intensità nella propria azione a metà primo tempo, quando il Pisa tutto sembra tornare prigioniero di quei fantasmi che sembrano aleggiare sull’Arena Garibaldi da inizio anno. Che con la fascia di capitano al braccio è costretto a chinare il capo davanti alla scellerata decisione del signor Santoro di espellere Hermannsson. Che rimedia un cartellino giallo assolutamente opinabile, decisione questa che gli costerà la squalifica per la trasferta di Parma. Che è costretto a giocare tutta la ripresa con la spada di Damocle dell’ammonizione che gli pende sopra la testa. Che rientra in campo a guisa di perfetto timoniere di una ciurma ferita ma niente affatto doma. Che gioca i secondi cinquanta minuti della contesa con il piede costantemente premuto sull’acceleratore. Che con un pressing feroce annulla le geometrie di Bartolomei, le accelerazioni di Luperini, la regia di Santoro e gli strappi di Casasola. Che raccoglie la sponda aerea di Touré e scaraventa all’incrocio dei pali un pallone colpito di prima intenzione dai venti metri che fa esplodere il vecchio catino di via Rindi come non succedeva da quella maledetta finale play off di fine maggio. Che riesce a mettere dentro a quel pallone tutta la rabbia accumulata per tutto quello che era accaduto in campo in precedenza. Che segna un goal che alla fine significa una vittoria che vale molto più dei canonici tre punti. Che al vostro umile scribacchino ha ricordato un altro goal capolavoro segnato da un altro numero 8 impossibile da dimenticare per chi ama i colori neroazzurri. E sì caro Marius, ti ho visto correre come un pazzo sotto la curva Nord e subito un’altra corsa mi è tornata prepotentemente alla mente. Quella di Fabrizio Ferrigno dopo il goal segnato in un derby contro la Lucchese ormai vecchio di quasi vent’anni. Due goal stilisticamente diversi ma concettualmente assai simili, messi entrambi a referto in un momento di difficoltà ma capaci entrambi di gridare la medesima verità. Che per il Pisa di adesso, proprio come per il Pisa di allora, nessun obbiettivo è davvero precluso. Basta metterci il cuore. Come quello sempre più neroazzurro di Marius Marin. E come quello gigantesco che ha sempre dimostrato avere il mio indimenticato amico Fabrizio Ferrigno.
POLLICE GIU’ – Alberto Santoro
Al termine di un match così avvincente e così importante per i colori neroazzurri non sarebbe neanche troppo giusto trovare un calciatore meno meritevole degli altri, per fortuna la direzione di gara ai limiti del grottesco del fischietto messinese mi ha per certi versi tolto dall’imbarazzo nello scegliere chi mettere bonariamente dietro la lavagna. E dietro la lavagna il signor Santoro ci finisce con tutte le scarpe. Anzi, la speranza è che dietro la lavagna ci resti per parecchio tempo, così da non andare a perpetrare orrori arbitrali a destra ed a manca. Perché il metro di giudizio usato sul prato dell’Arena Garibaldi è un qualcosa che sfugge all’umana comprensione, a partire dall’espulsione di Hermannsson per una trattenuta reciproca con Di Carmine trasformata a tempo di record in un fantomatico fallo da ultimo uomo. Da lì in poi il tremebondo fischietto messinese ne inizia ad imbroccare davvero poche : ammonisce il diffidato Marin per un intervento che probabilmente non era neppure falloso, grazia Casasola che aveva allontanato proditoriamente il pallone ammonendo invece Beruatto per le proteste, salvo poi nella ripresa ammonire Touré per lo stesso gesto di cui si era reso protagonista l’autore del goal del Perugia. Mancano poi un paio di cartellini gialli a Kouan e Capezzi – intervento particolarmente ruvido ai danni di Esteves per il primo, evidente trattenuta ai danni di Touré per il secondo ; alla fine della fiera vede giusto soltanto in occasione del calcio di rigore concesso alla compagine ospite e quando caccia via Paz reo di aver colpito con una sbracciata fin troppo vigorosa il malcapitato Calabresi. Troppo poco per salvare una prestazione nettamente insufficiente che ne fa il peggiore in campo per distacco. E che soprattutto apre il dibattito sulla qualità generale delle ex giacchette nere mandate ogni settimana a dirigere partite di una categoria che meriterebbe ben altro livello qualitativo di una classe arbitrale che sembra essere sempre più alla deriva. Oltretutto troppo spesso poco aiutata da una VAR del quale dopo ormai diversi anni si continua a non capire in maniera univoca la ratio con la quale viene adoperata.
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