Il Pisa Siamo Noi

Io vado AL Pisa

Arena garibaldi

Sono già passati molti anni, ma tant’è.

Alcuni ricordi non sbiadiscono mai.

Rammento una delle tante trasferte fatte in quel di Ferrara, cittadina nella quale è possibile fare del sano turismo cultural-gastronomico, prima e dopo la partita ovviamente.

Pranzo con la mia compagna in uno dei molti ristoranti che affollano la piazza centrale.

La solita ansia del prepartita, anche se al momento faccio fatica a  ricordare di che campionato si trattasse e quale fosse l’importanza della gara, ma non fa alcuna differenza.

Mi alzo e incoraggio la mie lei a fare altrettanto, il dovere chiama.

Nel tavolo vicino al nostro sedeva una coppia di mezza età, che probabilmente ci aveva subito riconosciuti quali tifosi ospiti, benché non avessimo indosso alcun elemento che ci contraddistinguesse come tali.

Potenza del dialetto, probabilmente.

In quel bel romagnolo che fa tanta simpatia ci chiedono : andate a vedere la partita ?

Ovviamente è il pretesto per fare due chiacchiere, alle quali ci prestiamo con piacere.

Anche loro sarebbero andati allo stadio di lì a poco, da trent’anni al seguito della compagine estense.

Al momento di congedarci auguro loro buon divertimento.

Ah, ma noi ci divertiamo di sicuro ! è la risposta.

In che senso, scusi ? replico io perplesso.

(classico pensiero da tifoso : ma che si sono comprati la partita ?)

Perché voi andate a vedere la partita, mentre noi andiamo alla Spal !

Ed io, solitamente loquace al limite del logorroico, non potei replicare alcunché.

 

A molti anni da allora, in momenti di “stanca” generale e generalizzata, quella frase buttata là continua a rimbombarmi dentro.

Anche se il ragazzo di allora si è trasformato nell’uomo di adesso.

Anche se di acqua sotto il ponte di Mezzo ne è passata più di quanta sia possibile quantificare.

Capite la portata di un tale concetto ?

Seguire la propria squadra perché è la propria squadra e basta, incuranti di tutto e di tutti, come se fosse una ragione di vita.

Quasi che fosse un lavoro.

Quasi che fosse il compagno o la compagna di vita.

Cambiano le categorie.

Passano le società.

Transitano allenatori e giocatori come se si trattasse di una qualche stazione di passaggio.

Mutano anche le maglie, quei colori che uno ha tatuati sul cuore, e quindi parte indelebile di sé stesso.

A volte anche il nome viene profanato, simbolo apocalittico di un fallimento che fa male soltanto a sussurrarlo.

Ma il concetto rimane immutato, imperituro nello scorrere inesorabile del tempo.

Un qualcosa di intimo, profondamente intimo, impossibile da scalfire, impensabile da perdere per strada.

 

Inutile sottolineare come tutto questo, anno dopo anno, campionato dopo campionato, sia diventato parte anche di me.

Io vado al Pisa.

Continua  a suonarmi grammaticalmente sgradevole, ma rende perfettamente l’idea.

Ma perché io vado al Pisa ?

Ho smesso di contare le volte che mi sono posto tale domanda.

Ho smesso anche di tenere a mente le risposte che mi davo di volta in volta, visto che ne partorivo continuamente di nuove.

E’ una questione che salta fuori soprattutto nei momenti come questo che stiamo vivendo da un mese a questa parte, dove i risultati non arrivano e le critiche si sprecano, contro tutto e contro tutti.

Permettetemi allora di rendervi partecipi di qualche riposta al quesito di cui sopra, nella speranza – che spero non sfoci nella presunzione, non sarebbe mia intenzione – di lenire un poco  di quel malumore che sta serpeggiando ovunque si parli di  AC Pisa 1909.

 

Io vado AL Pisa :

perché faccio fatica a trovare qualche altra cosa che mi rapisca emotivamente come il guardare undici maglie neroazzurre che corrono dietro ad un pallone

perché, compagna di vita a parte, tutti i rapporti umani più belli che ho e che ho avuto sono legati all’Arena Garibaldi

perché il martedì sarà sempre il giorno di Parliamo con Romeo

perché quando ho visto Simeone vincere un campionato di Serie A, Larsen un campionato Europeo e Dunga un Mondiale, sarò sempre consapevole che io li ho visti prima di tutti gli altri

perché alle 4.40 di mattina ero davanti al caffè Enrico ad aspettare che aprisse per paura di non prendere il biglietto per Venezia – Pisa dei play-off

perché ho fatto senza batter ciglio sei ore di fila per i biglietti di Pisa – Monza quando invece non sopporto di fare due minuti di coda al cinema il sabato sera

perché il giorno di Pisa – Monza alle 9 di mattina ero già allo stadio e non so come mai non riuscivo a trattenere le lacrime

perché solo all’Arena si può far passare un polpo intero come merendina di metà pomeriggio

perché solo all’Arena non si può fare niente di vagamente riconducibile al tifo organizzato … (anche in questo siamo ahimè diversi da tutti)

perché in 27 anni ininterrotti di Arena ho conosciuto migliaia e migliaia di commissari tecnici delle varie nazionali europee e non, arricchendo così il mio bagaglio culturale

perché solo all’Arena all’ultima partita di campionato senti gente che urla : e passa la palla al 4 !!! (rivolto ovviamente ad un nostro giocatore)

perché quando senti criticare Mingazzini ti ricordi che in quel ruolo hai dovuto vedere – fra gli altri – fenomeni del calibro di Campolattano e Santo Matinella

perché dopo Porricelli e Ragatzu solo all’Arena puoi essere circondato da persone inferocite nei confronti di Carparelli che ha sbagliato un goal contro il Russi

perché solo all’Arena trovi un omino dai capelli bianchi che, nella medesima partita, al fischio finale si alza e sentenzia : è meglio perdere coi Russi che con gli Ameri’ani !

perché spero di vedere una partita del Pisa sotto la neve, così potrò dire che all’Arena ho fatto la conoscenza diretta di ogni tipologia di fenomeno atmosferico

perché forse sono rimasto l’ultimo romantico che popola gli stadi italiani

perché guardando i vecchi gradoni dell’Arena riesco sempre a far rivivere il ricordo di tutti coloro che mi hanno lasciato più o meno prematuramente

perché …

perché …

 

Quanti perché ci sarebbero da scrivere.

Concedetemi solo l’ultimo, per me il più importante, lasciato come coda finale non a caso.

perché ogniqualvolta ascolto LA STORIA SIAMO NOI di De Gregori ed arrivo alla strofa … la storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi Bella Ciao che partiamo … mi viene sempre in mente quel treno gremito all’inverosimile che avrebbe portato verso Cremona – fra gli altri – un bambino di sette anni, tenuto per mano da suo padre con al collo la fidata sciarpa neroazzurra.

Perché in fin dei conti quel bambino, oramai uomo, da quel treno non è mai sceso.

Perché tutto sommato quel bambino, oramai uomo, da quel treno non vorrà scendere mai.

 

Gabriele Bianchi

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4 Comments

  1. leonardo

    31/12/2013 at 14:27

    bravo gabriele TUTTO STRAVERO CONCORO SU TUTTO QUL KE AI SCRITTO

  2. armonia

    21/01/2013 at 19:27

    Sensibilità e valori. Bravo.

  3. Alessandro

    21/01/2013 at 14:59

    Bravo Gabriele , belle parole da pelle d’oca e Domenica andiamo tutti a vedere al PISA !!

  4. antonio

    21/01/2013 at 12:15

    complimenti di cuore. è bellissimo e significativo.

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