Il Pisa Siamo Noi

In Viaggio con il Pisa…a Perugia – A Cura di Giuliano Fontani

I Viaggio

Niente è più uguale. Passeggi per le strade di Perugia e stenti a
ritrovare la città del Grifo. E’ rimasta intatta la passionaccia per
la squadra di calcio di quelli del “Santa Giuliana”, che era il
vecchio stadio ricavato proprio in pieno centro. Il Pisa ci ha giocato
tante volte e spesso con successo. Nel 1968 fu proprio qui a lanciarsi
verso il ritorno in serie A, con una stupenda rete di Giampaolo
Piaceri, centravanti venuto da quella Versilia interna che il mare lo
vede solo da lontano. Poi vennero gli anni di Pian di Massiano, il
nuovo stadio costruito per la serie A, la grande formazione che fece
sognare lo scudetto, quella di Renato Curi e Aldo Agroppi, per dirne
un paio, oppure di quel Sollier che esultava sotto la curva con il
pugno chiuso.
il resto è diverso, drammaticamente diverso. Si dormiva al Brufani e
si mangiava alla Rosetta, dove i camerieri, la domenica della partita,
cominciavano a smaniare ancora prima delle due e arrivavano a Pian di
Massiano vestiti come pinguini, giacca bianca, pantaloni neri, il
farfallino ancora al collo. Mazzetti, perugino doc, allenatore dei
grifoni (e del Livorno) non perdeva occasione per vantare l’università
degli stranieri, fiore all’occhiello della città. Lo faceva, guarda un
po’, soprattutto quando veniva all’Arena. L’università c’è ancora, ma
gli stranieri che si aggirano per Perugia non sono tutti studenti. I
clan della droga si sono divisi la città, i nigeriani controllano il
traffico dell’eroina, gli albanesi quello della coca. E poi ci sono i
tunisini, talmente tanti che le piazze dello spaccio sono state
ribattezzate con i nomi dei quartieri di Tunisi. La lettura dei
quotidiani locali traccia quadri a tinte fosche: i suicidi quest’anno
sono aumentati del 9 per cento, l’uso di antidepressivi del 6,6 per
cento, in città ci sono più ladri che clienti perché un commerciante
su due negli ultimi anni è stato derubato. Il modello umbro vacilla
anche sul piano politico-amministrartivo: in Umbria l’anno scorso sono
chiuse 14 imprese al giorno, il vertice della Regione è stato
decapitato da un’inchiesta giudiziaria, altri importanti Comuni
rischiano il commissariamento.
Rimpiango la mia Pisa e ne vado a trovare un pezzo nella Perugia che
è ancora da ammirare. La Fontana Maggiore, anche se ha più di 700
anni, non si è ancora stancata di portare alla città l’acqua del Monte
Pacciano. Un pezzo di Pisa, dicevo, perché la bellissima fontana si
deve a Nicola Pisano, che forse pisano non era, ma che da noi crebbe,
contribuì in modo determinante allo splendore della città e vi mise al
mondo il figlio Giovanni. Poco dopo aver realizzato il pergamo del
Duomo e il camposanto vecchio, Nicola Pisano progettò la sua ultima
opera, la Fontana Maggiore di Perugia appunto. Un capolavoro in pietra
di Assisi, due vasche di marmo e una tazza di bronzo. L’acqua, come
segno di vita e di fertilità, sgorga tra bassorilievi straordinari che
rappresentano i mesi dell’anno e i segni zodiacali, con evidenti
richiami alla tradizione culturale e feudale del tempo: la trebbiatura
del grano, la vendemmia e così via. La parte superiore invece ospita i
bassorilievi di personaggi biblici, quelli della storia di Roma. e i
santi.
Un tocco di pisanità che inorgoglisce, il segno lasciato dallle menti
di grandi progettisti e le mani di artigiani prestate all’arte e alla
cultura, legate ad un’opera che resiste alla tempesta dei tempi, che
riscatta una congiuntura squallida e inconfessabile. Perugia si
ritrova nella Fontana Maggiore, certamente non quella degli
spacciatori e dei tossici, dei ladri e dei criminali che si aggirano
come fantasmi appena cala il sole sulle facciate dei palazzi.. La
città è stata per anni attraversata da processi roboanti e violenti,
una promiscuità criminale che ha fatto velo a tanti interessi occulti.
Questa è la città delle peggiori trame massoniche, qui i
professionisti con il grembiulino che si scambiavano favori all’ombra
di Gelli e dei grandi commis di Stato, sono meno soltanto rispetto a
Londra e a Firenze. I giornali finivano per occuparsi di altro,
volgevano lo sguardo sulle complicità del mostro di Firenze, sui
morti annegati nel lago, sul processo Meredith.
Meglio guardare altrove e aspettare la partita davanti ai capolavori
di sempre, cercare la Perugia dei monasteri, delle abbazie e degli
oratori. Ce ne è uno, quello di San Pietro, che fa da sfondo al
vecchio ristorante “Nanà”. Anche la cucina del locale non è più quella
di una volta, una norcineria che è difficile rivisitare in chiave
moderna. Ma che pure conserva una parte del suo fascino. Ve lo
consiglio, se ne avete tempo, prima di scendere a Pian di Massiano.
Torneremo a rivedere la porta sfondata dalla prodezza del nostro
capitano Favasuli, l’ultima felice emozione di una stagione memorabile
ancorché non fortunata. Dopo quel “Ciccio ti amo” lasciai la tribuna
per non stressare le coronarie già provate nell’infinito recupero. Ci
torno non senza qualche ansia malamente repressa e qualche fremito.

GIULIANO FONTANI

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One Comment

  1. Marco Mariuccini

    11/10/2013 at 11:24

    Veramente scritto bene e con il cuore aperto. Probabilmente, se non sicuramente, nemmeno un perugino sarebbe stato in grado di raccontare le “VERITA'”, oltretutto viste da fuori, che tu hai, in modo così preciso elencato della vecchia Perugia e purtoppo anche di quella nuova. GRAZIE!!! Ti aspetto in tribuna stampa per stringerti la mano e ringraziarti, anche a nome dei miei concittadini che credono ancora nei veri valori della socialità e della cosmopolità… quella vera e di cui hai scritto.

    Marco Mariuccini – Direttore di http://www.perugiasportiva.it

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