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In Viaggio Con il Pisa…a Catanzaro

I Viaggio

Prende il via oggi una nuova rubrica curata da Giuliano Fontani. Un viaggio fatto di curiosità, anedotti, ricordi e precedenti. Spaziando a tutto tondo, Giuliano vi accompagnerà in questo percorso virtuale guidandovi alla ricerca di quello che è più importante sapere e conoscere sui nostri prossimi avversari, sulla loro terra e sulla loro storia.

L’aeroporto più grande della Calabria, quello di Lamezia Terme, è in
realtà l’aeroporto di Catanzaro. Lo vedi dal nastro d’asfalto della
Salerno-Reggio, si staglia nella piana in direzione del mare, con alte
torri cilindriche che sembrano le ciminiere di una fabbrica. Se lo
sorvoli in un giorno di cielo sereno puoi vedere Catanzaro dall’alto,
ma anche lo Ionio e le isole Eolie, a cominciare da Stromboli, che
sembrano appoggiate sulle onde. E’ un panorama suggestivo, trenta
chilometri dell’istmo più stretto d’Italia separano i due mari, tre
colli sovrastano Catanzaro, antico nome dal greco Katantza. Non a caso
Catanzaro è chiamata anche la città de due mari e dei tre colli. Ma
anche delle tre V, in omaggio del vento, che soffia forte dalla Sila,
dalla tradizione del velluto e di San Vitaliano, che ne è il patrono.
E i tre colli sono sullo stemma della città.
A Catanzaro il calcio è un fenomeno importante. Non solo per la
tradizionale rivalità con i reggini (epici gli scontri non solo
politici per il capoluogo di regione) quanto per la passione della
gente, che ha sempre avuto un feeling particolare con la squadra
giallorossa. Gli anni d’oro del presidente Ceravolo (a cui è
intitolato lo stadio) sono lontani. Ceravolo era un presidente
vulcanico, un avvocato che aveva legato il suo nome alle sorti della
squadra di calcio. All’Arena fu protagonista di una brutta domenica di
passione. Erano gli anni Sessanta, venne con una grande formazione che
aspirava alla promozione in serie A. Al centro dell’attacco aveva quel
Gianni Bui lanciato dal Pisa, che aveva stregato i tifosi nerazzurri
soprattutto per i suoi gol di testa. Bui segnò anche quel giorno, ma
nella porta del Pisa, forse in posizione di fuorigioco. Le proteste
dei nerazzurri scatenarono la reazione degli pubblico. Dalla piccola
gradinata del tempo un manipolo inferocito fece uno squarcio nella
rete di recinzione, ma l’invasione la fece solo un indiavolato autista
dell’Acit che si trovò da solo nel mezzo al prato nel tentativo di
raggiungere l’arbitro. Alle sue spalle non c’era nessuno…
Non accadde niente di grave, ma l’arbitro si intimorì e il Pisa ne
approfittò per ribaltare il risultato a proprio favore, con due reti
convalidate con molta compiacenza. Il presidente Ceravolo, in tribuna
d’onore con il figlioletto di una decina di anni, si alzò più volte
dalla sua poltroncina, protestò, le braccia rivolte al cielo. Lo
portarono via a stento, con il ragazzino sotto braccio, mentre la
folla lo voleva zittire. Alla fine della partita fu anche curato
perché da una ferita sulla fronte sgorgava un filo di sangue. Negli
spogliatoi successe il finimondo. Il Catanzaro si sentiva derubato,
forse privato del sogno della serie A. L’allenatore, Ballacci (quello
che anni più tardi il presidente del Catania Massimino voleva comprare
l’Amalgama…) era su tutte le furie. Qualcuno disse anche di averlo
visto estrarre una pistola dalla tasca della giacca, ma il particolare
non fu confermato.
Sono passati quasi 50 anni. Il Pisa va a Catanzaro, terra difficile.
Tra Lamezia e Pizzo Calabro l’ampliamento della Salerno-Reggio è fermo
da decenni perché i lavori al cantiere sono condizionati da una
potente ‘ndrina. La gente avrebbe la tempra giusta per ribellarsi, ma
subisce. Lo Stato è lontano, al punto che spesso le tabaccherie non
hanno neppure i francobolli da vendere. I nipoti della famosa rivolta
di Catanzaro, 8 maggio 1461, hanno abbandonati i campi, non hanno mai
avute le industrie e sperano nel turismo. Dal treno vedi decine di
manufatti abbandonati, gli scheletri delle case fermati dalla
magistratura per gli abusi edilizi nel golfo di Sant’Eufemia. I loro
nonni cacciarono il tiranno Centelles in guerra con Ferdinando
D’Aragona. Stanchi del tiranno feudatario dettero l’assalto al
castello, provocarono un grande incendio, che non si estese alla citta’
perché, secondo la leggenda, il vento della Sila cambiò direzione per
intercessione di San Vitaliano. Il quartiere, che si chiamava
Paradiso, cambiò nome in Case Arse. Si chiama ancora così, è vicino al
castello. Viene bene visitarlo se vai a mangiare la ‘nduia al
Novecento. Ma se hai voglia di pesce fresco e frutti di mare ti
conviene fare un salto da Paolo, al Riviera di Soverato Marina. I
fornitori sono due: la Ionio e il Tirreno. Basta scegliere. Poi ci
aspetta la sfida del “Ceravolo”. L’avvocato, se ci guarda da lassù,
speriamo abbia dimenticato.

GIULIANO FONTANI

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3 Comments

  1. Franco

    29/09/2013 at 11:41

    Ringrazio il Fontani per i cenni storici e le descrizioni panoramiche, ed anche gastronomiche. Una rubrica interessante. Su altre cose non entro nel merito.
    Ricordo infine anch’io quella famosa partita (ero un ragazzino) e mi pare che l’invasione fu contenuta anche grazie alle forze dell’ordine che accorsero per trattenere i più agitati là dove era stato aperto uno squarcio nella rete. Non successe nulla di grave (nessuno aveva spranghe, catene, sassi, bottiglie o altri corpi contundenti perchè negli anni sessanta, grazie a Dio, si era ben lontani da queste cose). Gli unici oggetti che volavano sulla pista di atletica (che circondava il campo) erano gli ombrelli in quanto era una giornata da lupi. L’arbitro paura se la prese e fu benevolo con i nostri in un paio di occasioni decisive, però va anche detto che i nerazzurri si protesero alla ricerca della vittoria con il cuore e con grande impeto, sostenuti dal pubblico in ebollizione.

  2. Arturo

    29/09/2013 at 08:37

    Salve,
    ho letto con attenzione la sua rubrica e credo sia giusto fare delle precisazioni. La rivalità calcistica del Catanzaro è da sempre con il Cosenza, con Reggio Calabria la rivalità è prettamente legata all’assegnazione del capoluogo di regione avvenuto nel 1970. (cfr. “Moti di Reggio”).
    Per quanto concerne l’ampliamento e l’ammodernamento della Salerno-Reggio C. che lei dice essere fermi per la presenza di una potente ‘ndrina, le posso tranquillamente dire che non è affatto così. Tra Lamezia T. e Pizzo sono circa 6 i km totalmente completati e circa 11 quelli cantierizzati sui quali è già stata completata la corsia nord inaugurata lo scorso luglio. E’ in fase di rifacimento anche il nuovo svincolo di Lamezia/Catanzaro. (cfr. sito Anas)
    Dice che Catanzaro e la Calabria è terra difficile, in parte vero. La città capoluogo rispetto al resto della regione ha il più alto tenore di vita con un reddito medio pro capite più alto rispetto agli altri capoluoghi di provincia calabresi. Anche il numero di furti, rapine, omicidi è nettamente inferiore rispetto al resto della regione. Con questo non voglio dire che è paragonabile al tenore di vita delle città toscane o del nord, ma penso sia una situazione rispettabile. Lo Stato da queste parti fa il bello ed il cattivo tempo. In campagna elettorale molte promesse, si raccolgo i voti (sul risultato finale il sud è sempre stato determinante quanto il resto del paese avendo un elettorato che numericamente è uguale) e poi spariscono. Sinceramente parlando una parte del disagio nasce anche dalla classe politica e dirigente locale che in molte occasioni (anche quelle decisive ed importanti) non ha saputo svolgere il proprio dovere. Del resto non manca a Catanzaro ed in Calabria la risorsa umana, ricordando che la Calabria ha il più alto numero di laureati ogni 1000 abitanti. Molti hanno conseguito la laurea fuori regione (come il sottoscritto), e ricoprono ruoli di primo livello, in Italia ed all’estero. In tante cose siamo gli ultimi, in altre, francamente, siamo i primi.
    Un saluto

    Forza Catanzaro

  3. Manu

    28/09/2013 at 16:13

    Sicuro di essere atterrato a Lamezia e non a Djerba? Ebbasta con stà retorica e stì luoghi comuni. Lo stato è lontano da Catanzaro esattamente quanto dal campo nomadi di Tirrenia o da piazza delle Vettovaglie la sera o dalla Traversagna anche in pieno giorno. Anche il tabaccaio dei macelli a Pisa resta senza francobolli e, sinceramente, se Catanzaro è “terra difficile”, Gagno allora cos’è?
    Tornando al calcio, la tradizionale rivalità (si può parlare pure di odio calcistico) è con i cosentini e non con i reggini. E non esiste ricostruzione di storia giallorossa che stia in piedi senza almeno un riferimento a Massimo Palanca o alla Curva Massimo Capraro. Parlare marginalmente dei tifosi giallorossi – famosi, tra le altre cose, per essere andati in 500 a piedi da Catanzaro a Lamezia per assistere alla partita, alla faccia di divieti e ordinanze – è come dimenticare (tanto per citare qualcosa di recente) l’impressionante corteo di motorini che da Ospedaletto scortava il pullman dei nerazzurri all’Arena Garibaldi ai tempi di Covarelli e della promozione in B. Roba da pelle d’oca. Perché parlare di Ferdinando D’Aragona e degli abusi edilizi quando ci sarebbero un’infinità di cose da dire sul confronto bellissimo, oltre che tra due squadre forti, tra tifoserie di serie A? Entrambe hanno intitolato la propria curva a due tifosi scomparsi senza mai far mancare il pensiero per Massimo Capraro da una parte e per Maurizio Alberti dall’altra.
    La vittoria del Catanzaro a Lecce è stata dedicata a Carlo La Forza, un trentottenne che, prima di arrendersi alla malattia, ha voluto l’abbonamento, la sciarpa, l’ombrello, la ricevuta e tutti i gadget giallorossi perché un domani suo figlio sappia che tifava Catanzaro. La curva nord invece è tutta stretta attorno a Gianluca, uno dei suoi guerrieri più rappresentativi, al suo undicesimo ciclo di chemio. Queste sono impronte di verità, cose scrivono la storia quanto i gol e le vittorie, che fanno parte del calcio di sempre e che conservano ancora valori con un peso e una forza troppo superiori alla bellezza di qualsiasi panorama visto dall’aereo.
    Hai in mano una rubrica potenzialmente bellissima, basterebbe un po’ più di anima e un po’ meno impostazione rigida.

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