Il Pisa Siamo Noi

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Mai e poi mai mi sarei immaginato di ritrovarmi in una calda serata di inizio luglio a dovermi scervellare per trovare i numeri giusti e le parole adatte per descrivere in maniera corretta quanto i miei occhi esterrefatti hanno potuto vedere poche ore prima, ma tant’è.

A cose normali questo era un periodo dell’anno dove c’era da ragionare di calciomercato, di arrivi e partenze, delle nuove maglie, del ritiro estivo, della polenta di Storo.

Poi arriva il Covid-19 e si porta appresso tutto quello che ben conoscete e che stasera non ho proprio alcuna voglia di rimembrare, ma è un qualcosa che capovolge il mondo che abbiamo sempre vissuto, che ci pone degli interrogativi, che ci fa vacillare nelle nostre certezze.

I giorni diventano settimane, le settimane diventano mesi ; i tempi si allungano, la ripartenza è lenta e zoppicante, graduale, rischia di non coinvolgere cose che per molti sono futili ma che per altri sono una colonna portante della propria esistenza.

Fra queste c’è il calcio, senza dubbio : parte, non riparte, parte, porte chiuse, la stampa no, la stampa sì, il tour de force per finire la stagione, dieci partite da giocare in poco più di un mese, bah, speriamo in bene.

E così invece che al mare c’è da andare a fare il proprio servizio in un’Arena Garibaldi che sembra un forno, a raccontare partite surreali giocate in un contesto che niente ha a che fare con il calcio che abbiamo sempre descritto : perché, diciamolo francamente, un calcio senza la sua gente non è calcio, c’è poco da fare.

Ma in questo frullatore di nuove sensazioni, in questo rutilante caleidoscopio di cose mai viste prima (e che mai avremmo pensato di dover vedere) arrivi al 3 luglio 2020 e ti ritrovi a casa tua, lo stesso computer di sempre, la birra di ordinanza sul tavolo, e non trovi numeri e parole per raccontare quello che hai sempre raccontato, che è per certi versi meravigliosamente uguale a quello che sei abituato a vedere da due anni a questa parte ma allo stesso tempo è quasi destabilizzante, per la mente e per il cuore.

Signori miei, in un mondo sempre più alla rovescia che ogni giorno perde un pizzico di logica è il Pisa della famiglia Corrado, del direttore sportivo Roberto Gemmi, del mister Luca D’Angelo e di tutti questi meravigliosi atleti lo scoglio che argina il mare delle nostre incertezze, delle nostre paure, delle nostre insicurezze.

Perché più di una volta nel corso di questi interminabili mesi di privazione delle nostre libertà ci siamo chiesti che Pisa avremmo ritrovato alla ripartenza, se e quando questa si sarebbe realizzata.

E come spesso accade per le grandi domande della nostra vita la risposta migliore è quella più semplice : lo stesso Pisa, né più né meno.

Quattro partite post lockdown e siamo ancora qua a scrivere le stesse cose che stiamo scrivendo da un paio d’anni a questa parte : i miracoli di Gori, i chilometri macinati da Lisi, la crescita esponenziale di Birindelli, la regia senza tanti fronzoli di Gucher, l’intelligenza tattica superiore di De Vitis, la garra di Marin, i goal di Marconi, il grande cuore di Masucci.

Con qualche novità che si è aggiunta in corso d’opera : bentornato Varnier, i mille ruoli ricoperti da Siega, la classe cristallina di Vido, il trottolino Fabbro, quanto cazzo è forte Caracciolo.

E il mister ? Ci vorrebbe un articolo a parte : ogni partita è l’ennesimo capolavoro tattico di un crescendo rossiniano che sembra non avere limiti, ogni settimana l’avversario più titolato di turno si ritrova a guisa di timido scolaretto sui banchi di Coverciano ad imparare la lezione tattica di quel gigante barbuto che con voce stentorea pilota i suoi ragazzi dalla panchina manco avesse un joystick fra le mani.

Ecco allora che in un’estate atipica di un anno sgangherato ti ritrovi alle due di notte a torso nudo davanti allo schermo del solito computer quasi estasiato da un Pisa che somiglia terribilmente a una splendida donna niente affatto segnata dall’incuria del tempo e dai marosi della vita ; sono gli avversari che si specchiano in questo Dorian Gray tratteggiato in neroazzurro e si riscoprono improvvisamente più vecchi e con qualche ruga in più da portarsi appresso.

La salvezza è ormai in tasca, i play off sono a un tiro di schioppo e mancano ancora sei partite alla fine della stagione regolare, da giocare contro squadre meno titolate delle ultime due affrontate in questi giorni.

Sarà il caldo, sarà la birra, saranno i mesi di isolamento forzato, sarà il cazzo che volete voi, ma io a questo punto ci credo. Voglio crederci. Devo crederci.

Perché in un 2020 da incubo è sempre il Pisa il mio sogno più bello.

Non svegliatemi.

Per favore.

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