Il Pisa Siamo Noi

I Cento Anni del Pisa dal 1909 ad Oggi

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Nella primavera del 1909 un gruppo di giovani pisani tra cui il primo presidente Enrico Canti fondarono il Pisa Sporting Club. I colori sociali, inizialmente biancorossi, divennero definitivamente nerazzurri l’anno successivo (in onore dell’Inter vincitrice dello scudetto 1909/1910)

I primi giocatori erano soprattutto studenti. La squadra partecipò inizialmente a tornei con altre rappresentative cittadine fino a che, nel novembre del 1914, sotto la guida del nuovo Presidente, Giacomo Picchiotti, cominciò l’attività ufficiale del Pisa S.C. con l’iscrizione alla Coppa Federale Toscana.

In quegli anni il Pisa S.C. dominò sulle altre squadre toscane (Firenze FC, US Livorno, AS Lucchese(, AC Viareggio, Prato FC, S.S. Gerbi Pisa, P.G.F. Libertas Firenze), conquistando cinque titoli di Toscana consecutivi dal 1914 al 1921 (dal 1917 al 1919 le attività furono sospese a causa della I Guerra Mondiale) ma non riuscì ad andare oltre la poule per il titolo Centro-Meridionale.

Il 26 ottobre 1919 fu inaugurato il nuovo stadio, l’Arena Garibaldi, e nella stagione successiva il Pisa S.C. si presentò con una squadra forte, una società competente, uno stadio nuovo e capiente, ma soprattutto l’ingaggio del grande allenatore Ging, ex-capitano della nazionale ungherese. Nonostante la squadra favorita per la vittoria del titolo regionale fosse l’U.S. Livorno, che rimase in prima posizione per gran parte del campionato, nella partita decisiva disputata all’Arena Garibaldi, il Pisa superò il Livorno per 3-0 aggiudicandosi così la Coppa Toscana per la quinta volta consecutiva.

Entrambe le squadre passarono alla fase interregionale con il Naples e la Bagnolese e si dimostrarono nettamente più forti delle squadre campane, ritrovandosi in finale per il titolo centro-meridionale il 3 luglio 1921 a Bologna.

Moltissimi tifosi partirono per Bologna e spinsero la squadra allo storico successo sugli amaranto: Pisa S.C. – U.S. Livorno 1-0.

Il Pisa S.C., neocampione Centro-Meridionale disputò la finalissima per il titolo italiano contro la fortissima e pluriscudettata Pro Vercelli ma il 24 luglio 1921 a Torino non bastò una strepitosa prestazione del portiere neroazzurro Gianni (11 presenze in Nazionale) a contrastare i piemontesi: la Pro Vercelli batté il Pisa per 2-1. Alcune fonti evidenziano numerose irregolarità arbitrali della partita, fra cui il secondo gol dei piemontesi in netto fuorigioco, dovute alla faziosità del direttore di gara condizionato dalla potenza “politica” che all’epoca aveva la Pro Vercelli. Appare non casuale il fatto che il campo neutro scelto per disputare la partita fu quello di Torino. Inoltre la partita non fu preparata al meglio dagli uomini di Ging ancora storditi dai festeggiamenti avuti all’Arena il giorno precedente, che influirono sulla prestazione globale della squadra. Ad esempio Poggetti, un terzino, si sentì male durante il viaggio in treno. Anche a fronte di un bruttissimo fallo di Rampini, mastino della Pro Vercelli, su Gnerucci, costretto ad uscire dal campo con una tibia fratturata, il Pisa sporse reclamo a fine gara, che tuttavia fu respinto. Questa la mitica formazione pisana: Gianni, Bartoletti, Giuntoli, Gnerucci, Tornabuoni, Viale, Merciai, Colombari, Corsetti, Sbrana, Pera.

A partire dalla stagione 1921-22, a seguito della riforma dei campionati, vi fu l’istituzione della serie A a due gironi ed il Pisa fu inserito nel girone B. Per quattro anni la squadra guidata da Ging ottenne ottimi risultati, piazzandosi rispettivamente al terzo, quarto, sesto e quinto posto. Sebbene il Pisa di quegli anni fosse una delle squadre più forti d’Italia, non ci fu mai il giusto spunto per vincere il girone. Nel campionato 1925-26, in seguito all’abbandono dell’allenatore Ging e alla cessione avventata di alcuni giocatori, la squadra non si dimostrò all’altezza e retrocesse per la prima volta in I Divisione (l’attuale serie B).

Nei primi due anni di I Divisione il Pisa si piazzò al 13° posto, riuscendo a salvarsi nelle ultime giornate. Nella stagione 1928-29, in seguito ad un’ulteriore riforma dei campionati, la conquista del 5° posto finale non bastò ad evitare la retrocessione nella neonata serie C, in cui la squadra militò per quattro stagioni disputando campionati di centro-classifica
Nel frattempo l’Arena Garibaldi era stata trasformata in un moderno e razionale campo sportivo in grado di accogliere fino a 7.000 spettatori. Anche a Pisa, come altrove, era infatti la locale federazione fascista a finanziare e sostenere il fenomeno sportivo, quello calcistico in particolare, grazie soprattutto all’attivo impegno dell’allora presidente neroazzurro, il vicefederale Biscioni. Il nuovo stadio venne ribattezzato Campo del Littorio e fu inaugurato dal vescovo Ercoleni Attuori l’8 ottobre 1931 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III (assiduo frequentatore della tenuta di San Rossore); fu realizzato su progetto di due ingegneri pisani, Federigo Severini e Giulio Buoncristiani, che intesero conferire alla nuova struttura una linea architettonica tipicamente toscana, sobria e misurata per evitare inopportuni contrasti con le meraviglie della vicina Piazza dei Miracoli. Oltre alla tribuna coperta e alla gradinata gemella, l’impianto comprendeva la pista di atletica e i campi per il tennis e la pallacanestro.

Nel campionato 1933-34 la dirigenza costituì una rosa solida ed il nuovo allenatore, l’ungherese Orth, ripagò la fiducia portando il Pisa al 2° posto e conquistando la possibilità di giocarsi la promozione in un quadrangolare di spareggio con Parma, Piacenza e Udinese. Nella finale disputata a Roma i neroazzurri batterono i friulani per 3 a 1 e tornarono in serie B. Seguirono stagioni con esiti alterni fino alla sospensione, dal 1943 al 1946, dovuta alla II Guerra Mondiale.

Nella stagione 1947-48 la squadra concluse al 2° posto, ad un punto dal Palermo, il girone C di serie B ma il torneo non fu omologato perché due giocatori della Nocerina affermarono di essere stati pagati dal Palermo per perdere la partita contro i rosanero. L’inchiesta fu comunque archiviata ed il Palermo fu promosso in serie A, proprio ai danni del Pisa. La stagione 1951-52 segnò il ritorno in serie C dopo 15 anni e, nel giro di due anni, i neroazzurri si ritrovarono nel campionato di IV serie (l’attuale C2).

La situazione finanziaria si fece drammatica, tuttavia nella stagione 1954-55 la squadra si comportò dignitosamente classificandosi al quinto posto. Il campionato seguente riportò invece un evento sfortunato: a metà stagione, di ritorno dalla trasferta di Fabriano, il pullman che trasportava il Pisa ebbe un pauroso incidente nel quale molti giocatori rimasero feriti, quindi impossibilitati a scendere in campo per diverso tempo.

Nella stagione 1963-64 fu eletto presidente Giuseppe Donati che rifondò completamente la struttura della squadra pisana, reduce da qualche buon anno in C, affidandola a Umberto Pinardi. Così, nella stagione successiva (1964-65) il Pisa vinse il campionato con Cervetto e Cosma capocannonieri del raggruppamento. Ironia della sorte, esattamente come tra quarantatre anni, dopo 13 anni la squadra tornò in Serie B. Furono disputati 2 campionati di Serie B, dei quali il secondo(1966-67) fu il piu travagliato con una salvezza all’ultima giornata in quel di Reggio Calabria, colta grazie a una doppietta di Mascetti che consentì al Pisa di ottenere un pareggio indispensabile. Nella stagione successiva, Donati si propose insieme al confermato allenatore Lucchi di portare a termine un campionato senza grosse sofferenze come quello appena trascorso. Con la vendita di pezzi pregiati come Mascetti e De Min, vennero acquistati Joan, Annibale, Manservisi, Mascalaito, Piaceri. Contrariamente a tutte le previsioni, quello del Pisa fu un campionato esaltante che confluì con la trasferta prima di Venezia, e con una dolorosa sconfitta non aiutata dai risultati degli altri campi, e poi dalla attesa spasmodica dei risultati finali all’ultima giornata. Il campionato, infatti, essendo composto da 21 squadre, prevedeva un turno di sosta per ogni compagine, e al Pisa tale turno era toccato proprio all’ultima giornata. Migliaia di persone si raccolsero in città per ascoltare il finale di un tiratissimo Perugia-Bari, il cui pareggio sancì l’automatica promozione dei neroazzurri in serie A fra grida immense di giubilo. Purtroppo la Serie A, tanto sudata e faticosamente acquisita, rimase nella città della torre soltanto un anno. La squadra, non particolarmente rinnovata, non ottenne i risultati sperati e a fine della stagione 1968-69 il Pisa tornò nella serie cadetta. La formazione che nel 67-68 conquistò la serie A era composta da Annibale, Ripari, Gasparroni, Barontini, Federici, Gonfiantini, Manservisi, Guglielmoni, Mascalaito, Joan, PiaceriIl Pisa si presentò ai nastri di partenza del campionato di serie B del 1969-70 con la dichiarata volontà di tornare subito in serie A. La squadra, affidata a Lauro Toneatto, esordì vincendo a Taranto per 2-0. Ma in seguito i neroazzurri alternarono belle vittorie a clamorose sconfitte. Toneatto fu costretto a dimettersi ed il successore Giuseppe Corradi portò la squadra al 7° posto in classifica. La delusione per la città fu cocente, la società si trovò nuovamente in difficoltà economiche e fu costretta ad una serie di cessioni. Così, nel successivo campionato di serie B la squadra apparve nettamente indebolita e tornò in serie C. La società era debole e senza grosse disponibiltà economiche e i primi due anni di serie C (1971-72 e 1972-73) furono molto difficili. Una parziale riscossa ci fu nel campionato 1973-74, con la squadra che conquistò un buon 6° posto. Da segnalare, in quel campionato, l’esplosione di Marco Tardelli, poi venduto al Como per un centinaio di milioni. Altri giocatori ebbero la stessa sorte, così la squadra risultò nettamente indebolita e nelle stagioni seguenti lottò per non retrocedere. La città era però ormai stanca, dopo sette campionati di serie C, così il Presidente Rota mise la società sul mercato.

Nel 1978 si aprì una nuova era per il calcio pisano: la società fu acquistata da Romeo Anconetani, o più semplicemente “Romeo” (o detto anche “LO SCIAMANNO”) per tutti i pisani, che divenne subito famoso come “ammazza-allenatori” ma anche come grande talent scout. Nel campionato 1978-79, nella neonata serie C1, Romeo alternò alla guida del Pisa ben tre tecnici: Giampietro Vitali, Gianni Seghedoni e infine Pier Luigi Meciani che portò i neroazzurri, trascinati da Claudio Di Prete e Giorgio Barbana, a conquistare la serie B dopo sette anni. Da ricordare la trasferta di Pagani, nell’ultima giornata, dove il Pisa fu seguìto da oltre 2.000 tifosi e si impose per 1 a 0. Anche nella stagione successiva, 1979-80 in serie B, i tecnici furono tre: iniziò il confermato Meciani, sostituito poi da Sergio Carpanesi e da Beppe Chiappella che portò la squadra al 14° posto, con salvezza raggiunta solamente all’ultima giornata grazie all’ 1-0 sulla Sambenedettese con goal di Aldo Cantarutti.

Dopo il settimo posto della stagione 1980-81, in quella successiva fu ingaggiato il giovane allenatore Aldo Agroppi: nonostante lo scetticismo degli addetti ai lavori l’obiettivo dichiarato era la promozione nella massima serie. Le vittorie nelle trasferte di Perugia, Reggio Emilia e Pescara dimostrarono che Anconetani ancora una volta aveva visto giusto e la squadra riconquistò la serie A il 13 giugno 1982 dopo 13 anni di attesa.

La focosa personalità di Romeo Anconetani divenne in questi anni famosa in tutta Italia, e con essa anche la favola del Pisa, che dal 1982 al 1991 disputò 6 campionati di serie A alternati a 3 promozioni dalla serie B. Il miglior piazzamento in serie A rimane l’11° posto della stagione 1982-83 con Luis Vinicio sulla panchina dei neroazzurri. Purtroppo il Pisa non si ripeté la stagione successiva. Nella storica e decisiva trasferta contro il Milan, nella quale raggiunsero lo stadio di San Siro ben 10.000 tifosi pisani con 5 treni speciali e 30 pullman, i rossoneri si imposero per 2-1 con reti di Antonino Criscimanni, Oscar Damiani e Luther Blissett(quest’ultimo autore giusto al pisa dei suoi unici due gol stagionali e per questo ribattezzato “IL QUINTO MORO”) e per il Pisa fu di nuovo serie B
Anconetani non si perse d’animo e creò immediatamente un buon gruppo che, sotto la regia di Gigi Simoni, vinse il campionato cadetto del 1984-85 insieme al Lecce. Seguì un solo anno di serie A (1985-86): il Pisa, allenato da Vincenzo Guerini, sembrava essere ormai salvo ma nel finale di stagione i neroazzurri ebbero un inspiegabile calo che portò la squadra al 14° posto (decisive le ultime 3 sconfitte consecutive con Roma, Verona e Fiorentina), quindi nuovamente in serie B. Ma nella stessa stagione il Pisa conquistò la sua prima Mitropa Cup: nel Novembre del 1985, all’Arena Garibaldi i neroazzurri sconfissero gli ungheresi del Debrecen per 2-0 con reti di Wim Kieft e Stefano Colantuono dopo aver superato nella partita di qualificazione i cechi dell’Olomouc per 1-0 (rete di Klaus Berggreen).Questo inaspettato successo da parte della formazione pisana ingenerò polemiche presso le alte sfere della UEFA,che portarono (dopo il secondo trionfo nel 1988) all’abolizione della manifestazione pochi anni dopo.

Nella stagione 1986-87 la squadra fu di nuovo affidata a Gigi Simoni, un idolo della tifoseria, che dopo un campionato avvincente compì il miracolo in una giornata che entrò nella storia della società: la trasferta di Cremona. Ai neroazzurri serviva la vittoria, necessaria per scavalcare i grigiorossi in classifica e conquistare così la promozione. La squadra fu seguita da 6.000 tifosi, che la spinsero ad un clamoroso successo per 2 a 1 grazie anche ad una grande prova di Lamberto Piovanelli che siglò il raddoppio dopo il goal iniziale di Claudio Sclosa su rigore.

Il successivo campionato di serie A (1987-88) si concluse con una bella salvezza conquistata dal gruppo che era stato affidato al tecnico Giuseppe Materazzi. La squadra si classificò al 13° posto grazie anche alla vittoria per 2-0 sul Torino nell’ultima giornata, con una doppietta del difensore Mario Faccenda. Quella stagione sarà anche ricordata per il goal che Carlos Dunga (capitano del Brasile ai Mondiali di Francia’98,e attuale CT dei Verdeoro) segnò da centrocampo nella porta di Walter Zenga nella partita Pisa-Inter vinta per 2 a 1. Fu inoltre conquistata di nuovo la Mitropa Cup: il 30 maggio 1988 all’Arena Garibaldi, ancora una volta una squadra ungherese, il Vàci Izzó usci’ sconfitta nella finale finita 3 a 0, regalando cosi’ il secondo trofeo internazionale alla bacheca nerazzurra.

Nella stagione 1988-89 la squadra non riuscì a ripetersi, raggiundo la semifinale di Coppa Italia ma disputando una stagione deludente. Il Pisa riconquistò subito la serie A, anche se il campionato successivo (1990-91) fu l’ultimo torneo disputato nella massima serie dalla formazione pisana. Alla guida della squadra fu chiamato il tecnico rumeno Mircea Lucescu, poi esonerato, ed il Pisa salutò la serie A. I neroazzurri disputarono due campionati in serie B dai risultati deludenti, nonostante la presenza di giocatori come Christian Vieri e Roberto Muzzi,Fabrizio Baldini e il terzo campionato, stagione 1993-94, retrocesse perdendo lo spareggio contro L’Acireale Calcio (ai calci di rigore) e ciò determinò l’amara fine del Pisa Sporting Club.

La squadra retrocesse e si trovò di colpo in grosse difficoltà economiche a causa dell’inaspettata retrocessione. Fu costruita una nuova squadra ma Romeo Anconetani non riuscì a far fronte al deficit finanziario, così nell’agosto del 1994 il Pisa Sporting Club non fu ammesso al campionato e la città sprofondò nel più profondo sconforto.

1. 6. La caduta
Quella del 1994 fu un’estate drammatica. Il calcio a Pisa sarebbe sparito se non si fosse costituita subito una nuova società. Dopo interminabili giorni di attesa, alcuni volenterosi personaggi locali iscrissero una nuova società, l’A.C. Pisa, al campionato regionale di Eccellenza. La nuova squadra fu approntata in breve tempo e non fu in grado di lottare per la promozione, concludendo all’ 8° posto, fra mille difficoltà di carattere burocratico e finanziario. Una nuova pagina dello sport cittadino si aprì quando il gruppo composto da Roberto Posarelli, Enrico Gerbi e Bruno Meliani fondò il Pisa Calcio 1995 che, per le garanzie offerte dalla società, fu ripescato nell’Agosto 1995 nel Campionato Nazionale Dilettanti. All’allenatore Luciano Filippi fu affidato un gruppo che annoverava anche due giocatori molto esperti quali Gianluca Signorini e Davide Lucarelli. Il Pisa approdò alla Serie C2 con la memorabile vittoria finale contro il Viareggio per 2 a 0.

Dopo tre stagioni i nerazzurri tornarono in Serie C1: sotto la guida di Francesco D’Arrigo, la squadra concluse il campionato in testa con 9 punti di vantaggio sulla seconda classificata (anche se durante la stagione il vantaggio era arrivato ad un massimo-record di ben 18 punti). La stagione successiva (1999-2000) poteva essere quella del “grande slam”, ma la gioia per la conquista della Coppa Italia di serie C passò in secondo piano dopo la sconfitta ai play-off in semifinale per opera del Brescello. Gli emiliani si dimostrarono più cinici e il goal-vittoria di Massimiliano Vieri all’ultimo minuto della gara di ritorno eliminò i nerazzurri (1-1 all’andata in Emilia) che abbandonarono il sogno della serie B. Il nuovo Millennio segna la fine dell’era Posarelli-Gerbi. Dopo due campionati abbastanza anonimi conclusi entrambi all’11° posto, il 14 maggio del 2002, il Pisa Calcio passa di mano e viene acquistato da Maurizio Mian, il quale si è alternato alla presidenza con la madre Maria Gabriella Gentili fino al 2005. Nonostante un grande dispendio economico, i nerazzurri non sono riusciti a salire di categoria, neanche nella stagione 2002-03: la squadra, allenata da Giovanni Simonelli, ha perso la serie B ai supplementari nella trasferta di Bergamo per la finale di ritorno dei play-off contro l’AlbinoLeffe.

Le due stagioni successive (2003-04 e 2004-05) non hanno regalato ai pisani le emozioni sperate e anche la famiglia Gentili-Mian ha deciso di cedere la mano. Il 1º luglio 2005 è ufficialmente avvenuto il passaggio al nuovo proprietario Leonardo Covarelli, imprenditore immobiliare perugino, il quale, affidandosi a uomini di calcio come Giuseppe Accardi e Roberto Onorati, ricostruisce sostanzialmente da zero la squadra, puntando su giovani emergenti di categoria inferiore e su Manuele Domenicali, allenatore che aveva vinto il precedente campionato di serie C2 con il Gela. I risultati sono disastrosi sin da subito: Accardi e Onorati vengono allontanati dopo poche giornate, così come verranno allontanati ben 3 allenatori e alcuni medici sportivi della squadra. Il Pisa concluderà il campionato al 15° posto e riuscirà a mantenere la categoria solo dopo i play-out e grazie ad un gol di Eddy Baggio al 98′ della finale di ritorno, clamorosamente irregolare, a Pisa contro la Massese.

All’inizio della successiva stagione, 2006-07, la società si affida ad un allenatore esperto come Piero Braglia e a giocatori esperti di categoria. Il portiere Christian Puggioni (venduto alla Reggina a gennaio) rimane imbattuto per 594 minuti in campionato, e durante l’intero girone d’andata subisce soltanto 5 gol, stabilendo un record stagionale a livello europeo. Dopo un campionato combattuto, il Pisa conclude la stagione regolare al terzo posto, dietro a Grosseto e Sassuolo. In semifinale play-off i pisani affrontano il Venezia, pareggiando 1-1 nella gara di andata in casa dei lagunari. Nella gara di ritorno, il Pisa supera la squadra veneta per 3-1 e guadagna la finale contro il Monza, vittorioso sul Sassuolo. La domenica successiva il Pisa è impegnato nella difficile trasferta di Monza, che si conclude con una sconfitta per 1-0. La partita di ritorno finisce 1-0 ai tempi regolamentari, costringendo le squadre ai supplementari, che terminano con il punteggio di 2-0. Domenica 17 giugno 2007 (giorno di San Ranieri, patrono della città), il Pisa torna così in B dopo 13 anni di assenza.Per la stagione 2007/2008 in cadetteria la squadra ingaggia l’allenatore Giampiero Ventura. Il 2007 si chiude con il Pisa a 38 punti, secondo nella classifica di Serie B insieme al Lecce, alla spalle del Bologna capolista con 39 punti, e con l’ingresso in società dell’imprenditore Andrea Bulgarella, che rilevava il 50,2% del pacchetto azionario del Pisa Calcio per ricederla pochi mesi dopo allo stesso Covarelli da cui l’aveva acquistata. Domenica 25 maggio 2008 (con una giornata d’anticipo) il Pisa raggiunge la certezza aritmetica di disputare i play-off per la promozione in Serie A. I nerazzurri, piazzatisi al sesto posto, affrontano in semifinale il Lecce, terzo classificato. Nella gara di andata il Pisa, allo Stadio Anconetani, esce sconfitto per 1-0 perdendo anche nel ritorno (per 2-1). Il Pisa resta, dunque, in Serie B. Il 18 giugno 2008, esattamente un anno dopo la storica promozione in serie B ed esattamente dopo tre anni dal suo insediamento alla presidenza della società toscana il presidente Leonardo Covarelli acquista il Perugia Calcio (squadra della sua città di origine), e nemmeno un mese dopo, esattamente il 10 luglio, cede il pacchetto azionario della società nerazzurra all’imprenditore romano Luca Pomponi. La stagione calcistica 2008/2009 sarà il 32° campionato di Serie B nella storia del Pisa, nonché quella del centenario. Grazie al buon lavoro e all’entusiasmo del neo-presidente vengono sottoscritti 7304 abbonamenti battendo il record dell’anno precedenteLa tifoseria pisana è attualmente (Serie B 2008/2009) la seconda in serie B come numero di abbonamenti con 7304 tessere circa e la quarta squadra di serie B come media spettatori allo stadio di 9698 spettatori circa. La Curva Nord Maurizio Alberti (dedicata ad un tifoso pisano morto in una trasferta alla Spezia a causa del ritardo nei soccorsi) ospita i gruppi ultras più importanti: gli Svitati, i Wanderers, gli Sconvolts e i Rangers. La curva è interamente connotata politicamente a sinistra anche se poi di fatto resta apolitica. Gran parte della tifoseria organizzata ha rapporti di gemellaggio con le tifoserie del Viareggio e della Carrarese. Vecchia amicizia e simpatia si aveva o si ha con la tifoseria del Genoa e della Reggiana. La rivalità più sentita in assoluto è quella con i “cugini” del Livorno, tant’è vero che il loro è ormai un derby a tutti gli effetti. Nonostante questo alcune frange della tifoseria pisana ricordano che in realtà il loro vero derby è quello con l’odiatissima Fiorentina, snobbando Livorno che un tempo non era altro che il porto di Pisa. Accese rivalità si hanno con tifoserie organizzate dello Spezia, Lucchese, Siena, Lazio, Napoli Hellas Verona e con la tifoseria della Massese.

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