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Un Nerazzurro Da Raccontare – Buso

Nerazzurro da Raccontare 5

Per il primo appuntamento di Un Nerazzurro da Raccontare del 2012 vogliamo fare un sentito e doveroso omaggio alla carriera di un grande uomo di calcio, prematuramente scomparso all’età di 61 anni, lo scorso 24 Dicembre: Sergio Buso.

Nato a Padova il 3 Aprile del 1950, Sergio cresce nelle giovanili della sua città mettendo in mostra ottime doti di portiere. All’avvio della stagione 1968/69 l’allenatore della prima squadra, l’argentino Humberto Rosa, decide che per Sergio è giunto il momento di misurarsi con il calcio professionistico e lo aggrega alla rosa. Ma questa sarà per i biancorossi una stagione molto sfortunata, condizionata dal desiderio del Presidente Lovato di lasciare e dalla necessità di ripianare il bilancio cedendo i pezzi migliori, che si concluderà con un’amara retrocessione in Serie C insieme a Lecco e Spal. Sergio in questa stagione è cresciuto molto ed ha anche potuto assaporare il campo, grazie all’unica presenza racimolata. Nella stagione successiva il Padova si presenta ai blocchi di partenza con l’obiettivo di tornare quanto prima in Serie B, ma alcune carenze strutturali nell’organico e un avvio molto complicato, fanno saltare la panchina di Rosa dopo solo sette giornate. Al suo posto arriva Elvio Matè, che riesce a dare una sferzata all’ambiente e a condurre la squadra fino all’ottavo posto, senza però inserirsi mai nella lotta promozione; in quest’annata Buso si è “affacciato” sul campo con più frequenza, infatti le presenze per lui sono state 8 e la sua crescita sembra ormai essersi compiuta…è pronto per un posto da titolare.

La ristrettezza economica in cui versa la società non consente al Padova di compiere manovre di mercato rilevanti e la rosa viene integrata con innesti di molti ragazzi del vivaio; l’obiettivo dei biancorossi è quello di cercare di mantenere la categoria senza troppi affanni. Ma l’organizzazione di gioco data da Matè e l’ottima vena realizzativa di Modonese e Zandoli, trasformano il Padova nella rivelazione del campionato; inoltre, fra i pali, Buso, diventato ormai titolare, mostra sicurezza e reattività e dall’alto dei suoi 188 cm domina l’area di rigore con uscite precise e tempestive. A fine stagione i punti persi per strada a causa dell’inesperienza peseranno come macigni e i biancorossi chiuderanno al terzo posto dietro a Reggiana ed Alessandria, lasciando l’amaro in bocca ai tifosi per la mancata promozione, ma con la consapevolezza di aver comunque fatto un campionato nettamente al di sopra delle aspettative. Nell’estate del 1971 arriva il tanto sospirato cambio alla guida della società, che viene rilevata da Marino Boldrin, ma il campionato non rispetterà le aspettative create dall’annata precedente; anzi, sarà del tutto anonimo: nono posto. Fra le poche note positive della stagione c’è il derby vinto a Venezia con un rocambolesco 3 a 2 e l’ottima stagione di Sergio Buso, sempre più determinante a difesa della porta padovana.

Le sue ottime gesta hanno incuriosito molti osservatori e viene acquistato dal Bologna, che gli apre le porte della Serie A e gli dà la possibilità di confrontarsi con campioni quali sono Pecci, Maldera, Savoldi e Capitan Bulgarelli. La sua prima stagione in rossoblu la vive da “spettatore”, cercando di carpire e assimilare tutto ciò che è possibile dai campioni che gli stanno intorno; ma all’avvio del campionato 1973/74, Mr. Pesaola gli consegna le chiavi della difesa felsinea e per Sergio si apre definitivamente il sipario del grande calcio.

Sicuro, determinato, professionale e forte di carattere, Sergio sembra non soffrire il salto di categoria e nel campionato che vede il Bologna chiudere al nono posto, riscuote ottime critiche. La stagione dei rossoblu si impreziosisce il 23 Maggio del 1974 quando, nella finale di Coppa Italia, riescono a battere il Palermo (5-4 d.c.r.), conquistando così per la seconda volta il trofeo nazionale e regalando al ventiquattrenne Buso il suo primo trofeo.

Ancora un anno fra le fila dei rossoblu, dove qualche infortunio di troppo e alcune vicissitudini, gli consentono di scendere in campo solo per undici volte. Nell’Ottobre del 1976 viene ceduto in prestito al Cagliari, guidato da Luisito Suarez. La stagione è molto complicata: Riva, ormai a fine carriera, non riesce ad essere pungente come un tempo e il giovane Virdis pare ancora troppo acerbo per essere determinante; a farne le spese è Suarez che viene rimpiazzato da Mario Tiddia, ma questo non serve a cambiare le sorti della stagione e a fine campionato arriva inesorabile la retrocessione in Serie B. Buso, che si è alternato con Renato Copparoni, torna alla casa madre, ma il Bologna che ha trovato una nuova risorsa nel portiere Franco Mancini lo cede nuovamente in prestito e Sergio è costretto a fare nuovamente le valige, stavolta in direzione Novara.

Ma qui lo attende un’altra annata sfortunata: il Novara è una squadra con evidenti carenze e la stagione culminerà con la retrocessione in Serie C. Visto che a Bologna non c’è più posto per lui, Sergio va a cercare fortuna altrove e si accorda con il Taranto, società che milita in Serie B. Il Taranto parte forte, vince e diverte, la squadra sembra capire alla perfezione le direttive imposte da Tom Rosati ed inoltre il giovane Bomber Iacovone è in un autentico stato di grazia ed in continua ascesa; ma il 6 Febbraio del 1978 tutta la città e tutto il mondo del calcio rimane scosso dalla notizia della morte del giovane Iacovone, rimasto vittima di un incidente stradale. Il contraccolpo è durissimo e la squadra non riesce ad esprimersi sugli stessi livelli ed il sogno promozione sfuma. Sergio, che ha diviso la stagione con lo slavo Zelico Petrovic, ha collezionato 15 presenze, ma questa rimarrà sicuramente una tappa fondamentale della sua vita, visto che ha conosciuto quella che diventerà la sua futura moglie.

La stagione 78/79 vede Sergio cambiare di nuovo casacca e recarsi a Teramo per disputare il campionato di Serie C, conclusosi con un decimo posto e che ha visto il Matera e il Pisa del neo Presidente Anconetani conquistare la promozione in Serie B. Quindi un’altra stagione con il Taranto in Serie B, dove i pugliesi conquistano con le unghie e con i denti una difficile salvezza. Poi il trasferimento al Pisa di Romeo, in cerca di un portiere dopo la partenza di Walter Ciappi. Un portiere su cui poter fare affidamento nell’immediato, ma che sia capace di fare da “chioccia” a quello che secondo Romeo è un sicuro talento: Sandro Mannini.

Sergio, trentenne, carismatico, che negli anni si è sempre distinto per la sua serietà e la sua professionalità dentro e fuori dal campo è il personaggio perfetto per interpretare questo ruolo.

L’estate del 1980 è una delle più burrascose che il calcio italiano ricordi, lo scandalo del Totonero riempe le prime pagine dei giornali sportivi e la Serie B vedrà presentarsi ai suoi nastri di partenza due compagini di alto rango, come Milan e Lazio, entrambe retrocesse per illeciti sportivi; inoltre, Taranto e Palermo partiranno con una penalizzazione di 5 punti. Il Pisa di Romeo, completamente estraneo a questo tipo di vicende, si prepara al nuovo campionato operando una mini rivoluzione all’interno del suo organico: partono Contratto, Bergamaschi e buona parte degli artefici della promozione (Barbana, Di Prete, Cannata e Ciappi) e, oltre a Buso, arrivano in nerazzurro il terzino Secondini, lo stopper Garuti e il giovane Occhipinti, proveniente anch’esso dalle giovanili dell’Inter. La guida tecnica viene affidata ad un’altra vecchia conoscenza del calcio pisano, il Sergente di Ferro, Lauro Toneatto, già allenatore dei nerazzurri nella burrascosa stagione 69/70.

Il campionato del Pisa non è molto entusiasmante, ma è un chiaro segnale di un’ulteriore crescita della compagine di Romeo che, sempre lontana dai pantani della bassa classifica, taglia il traguardo al settimo posto, mettendo in mostra una buona solidità difensiva. Sergio, che ha collezionato 22 presenze, si è ben destreggiato fra i pali della porta pisana.

La stagione 81/82 vede presentarsi ai blocchi di partenza un Pisa quasi completamente trasformato dalla cinta in su: Quadri, Graziani, Chierico e Cantarutti lasciano la città rossocrociata e al loro posto arrivano Sorbi, Todesco, Casale e, dopo un anno con le rondinelle bresciane, torna in nerazzurro Roberto Bergamaschi. Anche l’allenatore è nuovo, infatti dopo aver congedato Toneatto, primo allenatore a resistere in panchina per l’intero campionato nell’era Anconetani, Romeo affida i suoi ragazzi ad un giovane emergente con una sola stagione da allenatore alle spalle: Aldo Agroppi.

L’istrionico Presidente è sicuro di aver allestito un’ottima squadra e dichiara, stupendo tutti ancora una volta, che a fine stagione il Pisa sarà in Serie A!

Nel precampionato, dopo la consueta amichevole con la Volterrana, un Pisa sbarazzino e brillante si toglie il lusso di sconfiggere due armate, quali sono Roma e Inter e all’inizio del campionato, le due belle e convincenti vittorie contro Pescara e Catania fanno pensare che potrebbe essere veramente l’anno buono. Poi qualcosa si inceppa, nonostante le buone prestazioni, il Pisa inizia ad inanellare pareggi. La squadra non riesce a finalizzare le molte azioni create e le incertezze difensive vanificano spesso la grande fatica fatta per segnare; in questo momento vive un periodo non felice anche Sergio e alcune sue incertezze nei pareggi interni con Rimini, Foggia e Sambenedettese proiettano il ventiquattrenne Mannini fra i pali della porta pisana; Buso, da vero professionista e grande uomo da questo momento in poi sarà il più fedele alleato di Sandro, dispensando consigli e malizie e essendo il primo a confortarlo anche nei momenti difficili, come quando poche giornate dopo il Pisa viene sconfitto dalla Samp, a causa di un errore del giovane Sandro.

Un Pisa, sciupone a Palermo e garibaldino con la Lazio, conquista altri due pareggi su due campi insidiosi e difficili. La squadra è in crescita e i 7 punti conquistati nei quattro successivi incontri, mettendo in mostra bel gioco e azioni spettacolari, proiettano i nerazzurri nelle alte sfere della classifica e infiammano la piazza come non succedeva da tempo.

L’amore e la passione per i ragazzi di Agroppi cresce a dismisura e viene palesato nella trasferta di Reggio Emilia, dove 5000 tifosi si muovono al seguito della squadra che li ringrazia fornendo una prestazione magistrale e porta a casa l’intera posta in palio, grazie ad una rete del biondo Todesco.

Ancora tre pareggi, dove il Pisa dimostra di essere una squadra tosta e organizzata che non molla facilmente la preda e poi finalmente ritorna la vittoria. La Cavese viene battuta grazie ad una rete di Pasqualino Casale, sempre più goleador e determinante.

Dopo l’entusiasmante vittoria con la Cremonese che ha visto andare in gol Bertoni, Todesco e Casale, il Pisa si trova da solo al comando ed è ormai chiaro a tutti che è pronto per spiccare il volo per la A. L’attacco imprevedibile e capace di straordinarie giocate in velocità, il centrocampo guidato con sapiente maestria da Capitan Gozzoli e l’arcigna difesa stanno trasformando l’ennesima profezia di Romeo in realtà.

In un’Arena gremita all’inverosimile, che registra anche il record d’incasso, il Pisa distrugge con un inequivocabile 3 a 1 un’altra delle concorrenti alla promozione: il Palermo. La Serie A è sempre più vicina, Agroppi invita alla calma e a non rilassarsi, mentre Romeo è convinto che ormai sia fatta e dispensa ottimismo.

Il Pisa si reca a Pistoia con l’intento di difendersi e portare a casa un punto, spezzando il gioco e rallentando i ritmi. Alla fine dei novanta minuti il risultato è quello iniziale e in campo, sugli spalti e in tutta la città, anche se manca ancora la matematica certezza, si festeggia.

L’ultima di campionato è una pura formalità, a Pisa e Reggiana serve un punto e le ostilità si concludono senza mai essersi realmente aperte, sullo 0 a 0 in una partita dalle pochissime emozioni. Ma il vero spettacolo quest’oggi è stata l’Arena, straripante, raggiante, gioiosa, orgogliosa della sua pisanità, ha accompagnato e sostenuto per tutti i novanta minuti e per tutta la stagione i suoi eroi verso il trionfo. Dopo tredici anni il Pisa è di nuovo in Serie A!

Il Pisa si presenta ai blocchi di partenza della stagione 82/83 rinforzato dal ritorno di Occhipinti, dall’arrivo di Ugolotti dalla Roma e degli stranieri Caraballo e Berggreen. Buso viene confermato, ormai è ufficialmente il secondo di Sandro Mannini, ma Romeo sa che la sua esperienza, il suo carisma e la sua serietà, saranno molto importanti nel corso della stagione, sia per il giovane Sandro, che per l’equilibrio di tutto lo spogliatoio.

La partenza dei nerazzurri è ottima, la rapidità e la dinamicità di gioco imposta dal nuovo Mister Vinicio esaltano le caratteristiche del danese Berggreen e di Pasquale Casale ed arrivano così le belle vittorie su Napoli e Sampdoria; anche con le più titolate delle classe, Juve, Inter e Roma, il Pisa non sfigura, dimostrando di potersi battere con chiunque. Una piccola flessione nella fase centrale del campionato, dove il Pisa riesce a battere solo il Cesena e l’Ascoli, porta i nerazzurri nelle pericolose acque della zona retrocessione; ma la splendida vittoria del 6 Marzo, maturata ai danni dell’Inter sul campo di San Siro, grazie ad un gol di Casale riporta Vinicio e suoi ragazzi sulla retta via e dopo aver conquistato un prezioso punto contro la Juventus il Pisa è di nuovo corsaro ed espugna Catanzaro con un perentorio 2 a 0, spianando la strada per la salvezza.

Salvezza che viene definitivamente raggiunta l’8 Maggio, quando il Pisa, seguito da migliaia di tifosi e con Romeo in curva a tifare come il più sfegatato degli ultrà, espugna il comunale di Torino, grazie alle reti del biondo Todesco e di Attilio Sorbi, regalando l’immensa gioia della salvezza a tutti i tifosi nerazzurri. La festa è grande anche nello spogliatoio nerazzurro e Romeo elargisce immediatamente il premio salvezza…raddoppiato! Al rientro in città Vinicio e i suoi ragazzi vengono accolti come degli eroi e la festa si protrae per tutta la notte.

L’estate del 1983 vede arrivare all’ombra della Torre la scarpa d’oro europea Win Kieft, che va sostituire l’evanescente Caraballo; arrivano anche Azzali, Armenise, Longobardo, Scarnecchia e Criscimanni. Buso viene ancora una volta confermato come fedele scudiero di Sandro Mannini, affermatosi nella scorsa stagione come portiere rivelazione della Serie A.

Malgrado la rosa sia buona e ben assortita, fin dalle prima battute del campionato, si percepisce che qualcosa non va; alla quinta di campionato, con il Pisa a secco di vittorie e in evidente crisi di identità, Romeo esonera Pace e richiama Vinicio, ma serviranno altre dieci giornate prima che i nerazzurri riescano ad aggiudicarsi l’intera posta in palio, quando all’ultima giornata del girone di andata il Pisa espugna l’Olimpico, battendo la Lazio per 1 a 0 grazie ad una rete di Vianello.

Nel girone di ritorno servirà una netta inversione di tendenza, ma malgrado Romeo tenti il tutto per tutto richiamando Pace alla guida dei nerazzurri, il campionato si concluderà con un desolante penultimo posto che costringe i nerazzurri a tornare in Serie B.

Dopo quattro stagioni si rompe anche il sodalizio fra Sergio Buso ed il Pisa di Romeo e l’esperto portiere padovano si reca al Mantova in Serie C2, dove fa da secondo a Nadir Brocchi, ma dove soprattutto inizia a collaborare con lo staff tecnico di Melani prima e Panizza poi, nel campionato chiuso al sesto posto dai biancorossi.

Nella stagione 1985/86 Mr. Melani si accasa alla lucchese e porta con sé Sergio Buso che continua fare il dodicesimo per altre tre stagioni, quindi a 36 anni si ritira dal calcio giocato con l’intenzione di passare immediatamente dall’altra parte della barricata; infatti, nelle due stagioni successive è il vice di Corrado Orrico e da lì in poi una infinita sequela di incarichi, Modena, Trento, Foggia, Venezia, Reggina e Catanzaro ricoprendo i ruoli di allenatore dei portieri, della Primavera, vice allenatore e anche allenatore e mettendo sempre a servizio della causa, la sua umiltà, la sua serietà, la sua professionalità e la sua immensa saggezza e conoscenza calcistica. Di particolare rilievo sono le sue esperienze alla guida di Bologna, Napoli e Fiorentina e la sua avventura come vice di Donadoni agli europei del 2008, dove l’Italia uscì imbattuta sul campo, sconfitta ai rigori dai futuri Campioni d’Europa, la Spagna.

Profondo conoscitore del calcio, della sua evoluzione tattica e di tutte le sue “pieghe”, tant’è che il Presidente del Bologna Gazzoni Frascara lo aveva soprannominato “la Treccani del calcio”, era anche un grande appassionato di strategia ed era solito citare brani de “L’arte della Guerra” di Sun Tzu, libro scritto più di duemila anni fa ancora attualissimo. Diventato famoso come portiere para rigori, quando gli chiesero quale fosse il suo metodo rispose: “Facile, sfrutto l’ignoranza dei calciatori. Solo Rivera, prima di calciare, guarda qual è la gamba d’appoggio del portiere. Gli altri no. Così, studiando loro, sono in vantaggio io”.

Si è spento a Taranto, dove viveva con la moglie e le figlie, il 24 Dicembre scorso, dopo una lunga malattia. Sergio Buso ha attraversato quaranta anni di calcio, dimostrando di essere un grande professionista, ma soprattutto un Grande Uomo. Ed è per questo che è senza dubbio Un Nerazzurro da Raccontare.

Senio Calvetti

 

 

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