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Parliamo di Calcio…con Mister Pane

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La ripresa dei lavori della truppa Nerazzurra, in vista della trasferta di Viareggio, ha coinciso con l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Mister Pane, quattro chiacchiere di ampio respiro, parlando di calcio in generale…

-Mister, prima di tutto una piccola curiosità, lei era a Verona nella stagione ’85/86, con i gialloblu freschi di scudetto, che effetto fece ad un giovane diciottenne, trovarsi catapultato nella più grande favola del calcio italiano?

In quell’anno ero nella Primavera e spesso ci allenavamo con la Prima Squadra, erano i tempi in cui le rose delle squadre erano molto ristrette e quindi, spesso, ci chiamavano noi ragazzi a fare allenamenti o partitelle. Era una squadra molto forte e l’aspetto migliore di quella realtà era l’ambiente, era molto familiare.

-Qual’è la sua opinione sul momento che sta vivendo il calcio italiano adesso e sull’improvvisa voglia di puntare a tutti i costi sui giovani?

La verità è che oggi si vuole ottenere tutto e subito e questo non è possibile in nessun campo, nel calcio ancora di più. Per quel che riguarda i giovani, il problema è che spesso questi ragazzi non sono pronti per affrontare dei campionati veri e non so, se l’obbligo di farli giocare, è un bene per loro. In molti casi può essere anche uno svantaggio, perché hanno bisogno di maturare tecnicamente, ma soprattutto tatticamente e dargli tutto e subito qualche volta li penalizza.

-Quindi non sarebbe più utile, come succede all’estero e succedeva prima anche da noi, il così detto campionato riserve?

Sì, lo approvo e condivido anche la richiesta fatta da molte società. Un ragazzo…un giocatore…un uomo può maturare a 18 come a 22-23 anni e con queste regole a 22-23 anni, invece, un giocatore è già vecchio. Non gli si dà tempo di maturare, perché come già detto, la maturazione può avvenire anche per gradi.

-Come mai, secondo lei, in Italia sta sempre più dilagando il 3-5-2? E’ frutto dei risultati di squadre come Napoli e Udinese o di carenze croniche in alcuni ruoli?

Nel 2006/07 ho vinto un campionato con la Reggiana giocando in questa maniera, era più un 3-4-1-2 perché avevamo un trequartista molto bravo che era Alessi, ma avevamo sempre la difesa a 3. Comunque credo che non siano importanti i numeri, ma le caratteristiche dei giocatori che hai a disposizione. Ogni squadra deve sfruttare i migliori giocatori che ha a disposizione mettendoli in un contesto tattico giusto.

-Ma non si sta tornando un po’ all’utilizzo del vecchio libero?

Anche se all’interno di questo modulo ci sono molte variabili, c’è chi è più aggressivo, chi difende a 5, chi lo fa a 3, chi accetta l’uno contro uno e chi non lo accetta, io credo che una delle motivazioni principali è che i difensori, o per lo meno, gli uno contro uno in difesa, si reggono molto meno rispetto ad anni fa. Prima in Italia venivano sfornati tanti marcatori e tanti difensori, ora si fa un po’ più fatica. Quindi, un po’ tutti gli allenatori, cercano di proteggersi di più centralmente.

-I migliori allenatori, salvo rarissime eccezioni, sono quasi tutti ex-centrocampisti, secondo lei, c’è una connessione diretta fra le due cose?

Il centrocampista e in questo caso parliamo di registi, sono giocatori abituati ad organizzare il gioco e a dare i tempi, riescono a vedere la squadra a 360°, riescono a capire le esigenze del difensore, le esigenze dell’attaccante e quelle del compagno di reparto. Il vantaggio secondo me è questo, l’aver giocato nel fulcro del campo. Fermo restando che, però, ci sono tante eccezioni e la più bella in questo momento credo che sia Vincenzo Montella.

-Per concludere, quali sono le caratteristiche principali che deve avere un gruppo per essere vincente?

La fame, la motivazione e l’unità di intenti, queste credo che siano alla base di tutto. Poi, devi avere sicuramente giocatori bravi per vincere. Bravi, disponibili, con motivazione e fame.

 

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