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Freggia: Io, Il Pisa e Lucchesi Vogliamo Andare in Serie B

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FREGGIA: IO, IL PISA E LUCCHESI VOGLIAMO ANDARE IN SERIE B

Giancarlo Freggia, 53 anni, nuovo presidente del Pisa non lo nasconde: “Vogliamo andare in serie B. E’ il nostro obbiettivo e lo vogliamo raggiungere prima possibile”.

Sposato, padre di due figli, Freggia spunta all’improvviso nel mondo nerazzurro: “Ho sempre seguito il Pisa, ma non mi posso definire un tifoso militante. Il calcio mi piace, soprattutto la Nazionale. E neppure uno sportivo praticante. Da giovane ho fatto nuoto e scherma. Il calcio e il Pisa sono invece nel dna di mio figlio Daniele, che sarà il club manager. L’altro figlio, Samuele, si occupa di altro e cioè di una società della cooperativa”.

Già, la cooperativa. Questo è il vero universo di Giancarlo Freggia. La Paim, 600 soci lavoratori, migliaia di assistiti in tutta la provincia, beni immobiliari e società nel terzo settore ma anche nel campo turistico e immobiliare. Due su tutte. il Boboba di Marina e il borgo di Colleoli in Valdera. Una cooperativa sociale che spazia dall’assistenza agli anziani, ai disabili, ai malati psichiatrici, ma anche ai bambini piccolissimi attraverso tre asili di proprietà e altri che gestisce per il Comune di Pisa. Un’umanità che soffre e che ha bisogno di assistenza, lo spaccato di una società sfortunata e che non deve rimanere indietro.

E il Pisa, che c’entra? Forse perché i suoi tifosi hanno adottato lo slogan “Mai una gioia”?

No, il Pisa è un’altra cosa, un bel progetto manageriale che rivoluziona il modo di fare calcio” dice con soddisfazione e con il sorriso Freggia: “Lucchesi mi ha convinto. Ognuno di noi faccia le cose che sa fare. Lui è uomo di calcio, io amministratore di aziende. L’avvocato Agnelli non sapeva niente dell’albero motore delle auto, ma ciò non gli ha impedito di guidare la Fiat perché era contornato di grandi tecnici e ingegneri”.

Parliamone dunque di questo progetto di Lucchesi, filtrato dalle lenti di Giancarlo Freggia, pisano di Navacchio: “Le società sono chiamate a ridefinirsi in termini finanziari e economici. Il tempo dei mecenati che si dissanguano per sostenere le squadre di calcio sta per finire, se non è già finito. Noi dobbiamo guardare ad un club capace di fare utili, altro che perdite”.

Certo però che il presente non consente ipotesi radiose, i debiti sono tanti..

“Lucchesi ha ereditato due milioni di euro di debiti ­ dice Freggia ­ e questo è l’onere maggiore. Senza considerare che certi crediti sono evaporati, diciamo così, prima ancora di iniziare la stagione. Mi riferisco a sponsorizzazioni e pubblicità. Per il resto abbiamo fatto due conti, state sicuri che non sbaglieremo. Anche se andrà male, ma noi faremo di tutto perché le cose vadano bene, non cadremo dal settimo piano. Lucchesi ci ha messo la sua competenza e anche le sue esperienze. Ha scelto un allenatore di grande richiamo per tutto il calcio nazionale, ha preso giocatori validi e motivati. Anche lo staff tecnico potrebbe crescere con qualche personaggio di grande prestigio (Boninsegna?) perché il Pisa deve avere una vetrina e una ribalta importante, che serve all’esterno come all’interno”.

E la società?

“La società si avvale di amministratori competenti. Io, nella Paim, che è un consorzio, ho personaggi di spessore alla guida delle varie società. L’Ispanico, ad esempio, che si occupa del settore turistico, dal Boboba a Colleoli, da Casa Betania all’hotel San Tommaso, è nelle mani di Pierluigi Cioni, Antartide che è un’agenzia per la formazione e ha un marchio sanitario come Geosalute, ha Mario Garzella come amministratore delegato, un ex dirigente Fiat, Piaggio, Sant’Anna, direttore del personale Fininvest”.

Questo la Paim, ma il Pisa? Viene in mente la famosa domanda di Maurizio Costanzo: chi c’è dietro l’angolo?

A questa domanda risponderà al momento giusto Fabrizio Lucchesi” dice Freggia, che non vuole approfondire, anche se conferma l’interesse di grandi gruppi e importanti aziende nazionali di quelle che fanno lustrare gli occhi delle signore, però sia chiaro che il nostro progetto potrebbe prescindere, anzi deve prescindere dalle solite forme di finanziamento. Noi vogliamo un Pisa in grado di vincere sul campo e produrre utili”.

Ma questo sodalizio Lucchesi-­Freggia, come nasce?

Il presidente lo racconta volentieri: “Mio figlio Daniele è un estimatore di Lucchesi, ha già lavorato con lui quando Fabrizio era il direttore generale del Pisa. Poi è entrato nel suo staff. Si sono mantenuti in contatto e Daniele mi ha coinvolto. Questa estate, quando naufragò il tentativo di Lucchesi di acquistare la Carrarese di Buffon, io parlai con Fabrizio e gli dissi: ma perché non prendi il Pisa?

E così è stato.

Si, però Lucchesi ebbe un attimo di esitazione. Mi rispose: a me Battini non lo venderà mai. Da quando me ne sono andato non ci parliamo più. Allora mi feci avanti: ci parlo io, era venerdì, la squadra avrebbe giocato a Salerno. Andai da Battini e il lunedì mattina ero nel suo ufficio, questa volta con Lucchesi”.

Tutto cominciò così. Il resto è storia da scrivere. Arrivederci perché è giusto sia lui a definire questo quadro a soffrire sui gradini dell’Arena. In attesa di una gioia.

GIULIANO FONTANI

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One Comment

  1. ste

    18/09/2015 at 18:06

    Ed ora sono due.Lucchesi non si discute per competenza calcistica,Freggia a capo di una grande cooperativa, pisano e persona per bene. Ora voglio vedere come arriveranno le critiche. Sempre più convinto che sia la strada giusta… E sarà anche lunga.

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